Vite da sballo

famiglia Sballata

di Chiara Frangi

Un esperimento “importato” dalla Spagna che a Varese sta portando ottimi risultati: sette volte meno rifiuti a famiglia, ad esempio. E un canale aperto con il ministero dell’Ambiente per portare avanti una politica favorevole agli imballi riutilizzabili. Sono le “famiglie sballate”: un gruppo di famiglie della provincia di Varese che ha deciso di eliminare il più possibile gli imballaggi dalla propria vita. Un test iniziato lo scorso novembre con la famiglia Serafin (papà Lorenzo, mamma Chiara e Dario, 11 anni), da un’idea dell’Osservatorio provinciale dei rifiuti di Varese, che ha coinvolto il Comune attraverso l’assessorato all’Ambiente, e anche il circolo varesino di Legambiente. Lo scorso febbraio, poi, alla prima “famiglia sballata” se ne sono aggiunte altre cinque, disperse per la provincia varesina: l’obiettivo dichiarato è «rendere virale uno stile di vita più sostenibile – dice Valentina Minazzi, presidente di Legambiente Varese – per riuscire a cambiare, anche dal basso, le leggi che finora limitano la possibilità di eliminare gli imballaggi».
Sì, perché “sballarsi” non è così facile, tra norme igieniche stringenti e grande distribuzione che si affida agli imballaggi anche per aumentare il fatturato: «Ci siamo organizzati con una serie di imballi riutilizzabili – spiega Chiara Ricardi, prima “mamma sballata”– Come ad esempio il portauova richiudibile di plastica rigida, sacchetti per l’ortofrutta riutilizzabili con tanto di targhetta in tessuto dove attaccare l’etichetta della pesata, tupperware e contenitori di ogni tipo per detersivi o saponi. Abbiamo trovato anche dei bellissimi “portapanini” per la merenda di Dario a scuola, e ovviamente, al posto delle bottiglie in plastica per l’acqua minerale usiamo la borraccia, per l’occasione regalata da Acsm Agam, la multiutility di Varese». Anche i fazzoletti di stoffa sono tornati in casa Serafin, al posto di quelli di carta: tante piccole, grandi novità, che li hanno resi una famiglia molto più “ecosostenibile”.
Non è solo una questione di organizzazione dei contenitori: la grande distribuzione, come si diceva, non è molto d’aiuto. Come non lo sono le normative: «Stiamo lavorando con l’Agenzia della tutela della salute dell’Insubria ed anche con il ministero dell’Ambiente per avere una griglia entro la quale muoverci – spiega Silvia Colombo dell’Osservatorio provinciale dei rifiuti – perché la normativa sulla sicurezza alimentare è un freno allo “sballo”, soprattutto per gli alimenti deperibili: in Italia, oggi, non è possibile portare da casa i propri imballi riutilizzabili e chiedere che vengano riempiti. A differenza della Spagna, dove le famiglie sballate catalane, cui ci siamo ispirati noi a Varese, non hanno avuto alcun problema ad acquistare i filetti di sogliola nei loro tupperware».
Ma le “famiglie sballate” non si arrendono: «Abbiamo iniziato da subito a costruire una “mappa dello sballo” con Google maps – racconta Chiara – dove segniamo i punti vendita che a Varese ci permettono di utilizzare imballi riutilizzabili, dai sacchetti lavabili per l’ortofrutta ai flaconi dei detersivi “alla spina”. Un servizio che vorremmo rendere pubblico, per facilitare chi vuole “sballarsi”, almeno nella nostra città».
Questi sforzi hanno portato a dei risultati tangibili: i Serafin hanno messo a confronto i propri rifiuti con quelli dei vicini di casa, scoprendo di averne prodotti sette volte in meno. «Abbiamo pesato i sacchetti lasciati per la raccolta porta a porta – spiega Lorenzo Serafin – quello dei vicini sfiorava i 4 kg e mezzo, il nostro 600 grammi. Oltre sette volte più leggero». Numeri che parlano, insomma. l

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