Ben 200.000 metri cubi di roccia si sono staccati a fine dicembre dalla parete est del Monviso. Nei giorni successivi una squadra di geologi dell’Arpa Piemonte ha effettuato dei sopralluoghi lungo i fianchi del “Re di pietra” delle Alpi Cozie per capire che cosa fosse successo e quali fossero i mali che lo affliggono. Il distacco è avvenuto a quota 3.200 metri (la vetta è a 3.841) e gli elementi
rocciosi sono franati fino ai 2.800, anche se alcuni massi fra i 150 e i 250 metri cubi sono arrivati a valle.
“Tenendo conto della quota e dell’esposizione del settore di parete crollato si può ipotizzare che, oltre alla fratturazione della roccia, la degradazione del permafrost abbia rivestito un ruolo determinante nell’innesco del processo”, hanno scritto nella loro relazione i tecnici Arpa. Non stiamo perdendo solo il “bianco” dei ghiacciai dalle nostre Alpi, come denunciato dai Requiem celebrati lo scorso settembre su sette cime alpine, fra cui lo stesso Monviso, e sul Gran Sasso. Con il clima cambiano anche i profili delle nostre montagne, minacciando le
vallate, come ricordano le settimane di ansia vissute a ottobre sotto al Planpincieux, in Valle d’Aosta.
Alla fusione del permafrost, masse di materia perennemente sotto lo zero termico, dedichiamo la storia di copertina di questo numero. In Siberia la sua scomparsa
favorisce la riemersione dal terreno dei mammut, come quello ritratto da Filippo Consolati in copertina, e danneggia infrastrutture progettate per vivere in eterno. Come la banca bunker in cui sono custodite le sementi alle isole Svalbard, in attesa di ristrutturazione
ad appena dieci anni dalla sua inaugurazione. Ma non solo. Intrappolata nei terreni ghiacciati c’è una quantità enorme di carbonio organico, il cui rilascio alimenterebbe
la spirale del cambiamento climatico.
I sette milioni e mezzo di ettari di vegetazione andati in fumo in Australia sono l’altra faccia che il global warming mostra in queste settimane. Con le fiamme ancora alte in molte parti del Paese, piogge torrenziali hanno causato alluvioni sui terreni inariditi da siccità e
roghi. Insomma, le pagine di cronaca sono ormai un piccolo Bignami dei rapporti Ipcc sui cambiamenti climatici. Da far studiare ai climanegazionisti come il primo ministro di Canberra, Scott Morrison, tenace a Madrid nell’ostacolare i negoziati della Cop25.