Un cronista in Vaticano

La conferenza stampa dell'enciclicadi Gian Mario Gillio, Direttore agenzia stampa Nev

Alle 13.45, subito dopo la presentazione dell’Enciclica “Laudato si’, uno sparuto gruppo d’irriducibili giornalisti è ancora davanti al piazzale dell’Aula Paolo VI del Vaticano, due telecamere fisse sono collegate in diretta e raccolgono da Vania De Luca e Stefano Maria Paci – Rai News e Sky Tg 24 – le ultime dichiarazioni di prelati e vaticanisti. Tra le star del giorno il francescano padre Enzo Fortunato. «Con papa Francesco per voi è arrivato un periodo interessante» dico al direttore della rivista San Francesco­­­». E rincaro la dose: «Ora anche l’enciclica sull’ambiente». In effetti, risponde lui con simpatia «questo è un periodo “Fortunato”». In quel momento un fremito scuote tutti, da lontano compare il grande protagonista della giornata, ma assente in conferenza stampa. È proprio lui, dicono tutti, è papa Francesco.

I giornalisti invitano gli operatori a girare le telecamere su quell’abito bianco che mancava nel “girato” di quelle ore. I giornalisti si sbracciano, salutano freneticamente, un evidente entusiasmo avvolge tutti, tutti nella ricerca di cenno di risposta, che prontamente arriva. Il papa sorride da lontano, saluta i giornalisti, stringe la mano ai relatori della giornata che ha accompagnato nel piazzale. Dopo averli salutati uno ad uno, rimanendo solo, si gira e torna nella direzione dalla quale era comparso. Un gesto di normale gentilezza, ma curioso per un papa, per l’uomo più famoso del mondo.

Eravamo abituati a papi, per secoli, portati sulle spalle, scortati e protetti anche all’interno delle mura “di casa”, mai soli. Il papa stava salutando i relatori intervenuti alla conferenza stampa di presentazione dell’Enciclica “Laudato si’”: il cardinale Kodvo Appiah Turkson, presidente del Pontificio consiglio della giustizia e della pace; la dottoressa Carolyn Woo, presidente del Servizio cattolico di soccorso, la maestra e insegnante nelle periferie romane Valeria Martano, il professor Hans Johachim (John) Schellnhuber, direttore del Potsdam Institute tedesco (fresco di nomina come docente pontificio) e sua eminenza il metropolita John Zizioulas, rappresentante del patriarcato ecumenico delle chiesa ortodossa.

Era la conclusione di una giornata memorabile, che merita di essere raccontata nel dettaglio, a partire dalla conferenza stampa: «Quando parliamo di ambiente facciamo riferimento anche a una particolare relazione: quella tra la natura e la società che la abita. Questo ci impedisce di considerare la natura come qualcosa di separato da noi o come una mera cornice della nostra vita. Siamo inclusi in essa, siamo parte di essa e ne siamo compenetrati» ricorda Turkson, riportando le parole di papa Francesco. E ancora: «Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale. Le direttrici per la soluzione richiedono un approccio integrale per combattere la povertà, per restituire la dignità agli esclusi e nello stesso tempo per prendersi cura della natura».

La maestra Martano, impegnata nelle periferie romane ricorda come l’ambiente umano e quello naturale si degradino insieme: «Lo vediamo ogni giorno – dice – tanto che non c’è ne accorgiamo più: dal verde che non c’è, all’inquinamento, al calore eccessivo, che fa soffrire gli anziani». L’enciclica ci chiama «a praticare il bene comune: la città e l’ambiente sono la casa comune», conclude. Aggiunge il professor Schellnhuber: «Il vostro corpo ha in media una temperatura di 37°, giusto? Cosa succede se a questa temperatura ne aggiungete due. Vi mettete a letto con l’influenza. I due gradi in più sono ormai una certezza per il nostro pianeta. Cosa succederebbe se ne aggiungeste altri due, sareste ricoverati certamente in ospedale, per evitare di morire». Un esempio efficace, una citazione tra le meno dotte dell’intera relazione del professore, che ha tenuto una lezione esemplare, ma certamente la più immediata e efficace per far capire che la situazione ambientale del nostro pianeta non è da prendere con leggerezza.

A questo punto mi allontano dall’Aula Nuova del sinodo, luogo in cui si tiene la conferenza, una sala ampia, proprio sopra l’aula Paolo VI. Voglio intervistare un vaticanista di lungo corso, uno dei maggiori esperti in materia, Luigi Sandri, già inviato dell’Ansa e collaboratore del mensile “Confronti”. Gli chiedo perché è importante quest’Enciclica: «E’ importante perché impegna l’intera chiesa cattolica romana a dedicare alla salvezza del mondo non un impegno marginale ma costitutivo del modo di essere cristiani, in questo caso cattolici. Un appello che il papa ha voluto estendere a tutti i credenti cristiani e a tutti gli uomini e le donne di buona volontà di qualsiasi religione e opinione filosofica, tanto è vero che il papa non indirizza l’Enciclica, come è sempre accaduto, ai cattolici (l’aggiunta “agli uomini di buona volontà” fu inserita da papa Giovanni, ricorda Sandri, ndr), ma a tutti. Infatti l’apertura del documento è l’inizio del cantico di san Francesco».

A questo punto ricordo il cammino ecumenico per la giustizia, la pace e la salvaguardia del creato: «Purtroppo – prosegue Sandri – nell’Enciclica non viene fatto cenno a questo cammino ecumenico, malgrado lo spazio dato al patriarca ecumenico Bartolomeo sia significativo. Non si fa cenno, ad esempio, del lungo percorso fatto dal Consiglio ecumenico delle chiese. Solo il rappresentante ortodosso invitato oggi lo ha ricordato, ma nell’Enciclica non compare».

Al termine della conferenza decido d’incalzare anche il vaticanista di Panorama, Ignazio Ingrao, per avere due punti di vista: «Un documento molto ampio – esordisce Ingrao – Questa ampiezza rischia di andare a discapito del messaggio. Nell’enciclica si parla di tanti argomenti, dai condizionatori d’aria a una nuova etica delle relazioni internazionali, dal commercio di diamanti al segno della croce prima della cena. Il desiderio di dire tanto, va a discapito dell’incisività. Su alcuni argomenti forse si sarebbe potuta dedicare più attenzione. Tuttavia è certamente un documento importante, utile per sensibilizzare e responsabilizzare tutti, credenti e non credenti ad atteggiamenti e comportamenti più responsabili rispetto al nostro ambiente. Se colleghiamo poi l’Enciclica ai prossimi appuntamenti che vedranno il papa impegnato a settembre alle Nazioni Unite, al Congresso degli Stati Uniti e poi alla Conferenza sul clima, questa posizione netta speriamo possa spronare i grandi del pianeta a prendere delle misure concrete per la salvaguardia del nostro mondo, del nostro creato».

Una bella conferenza stampa, una bella Enciclica, ora è il momento di leggerla con calma per potersi fare un’idea più precisa del messaggio che vi è contenuto. Enciclica che quest’anno si è potuta leggere con una settimana d’anticipo perché pubblicata, malgrado l’embargo, da un giornalista de l’Espresso. Alla faccia della deontologia! Ora la lettura passa a voi: «Nell’attesa – così si conclude – ci uniamo per farci carico di questa casa che ci è stata affidata, sapendo che ciò che di buono vi è in essa verrà assunto nella festa del cielo. Camminiamo cantando».

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