Più che una moratoria un timeout. Questa la valutazione di Greenpeace, Legambiente e Wwf Italia sull’emendamento sulle trivelle riformulato nel decreto semplificazioni, depositato ieri nelle Commissioni unificate Affari costituzionali e Lavori pubblici al Senato e che prevede una sospensione di 18 mesi delle nuove prospezioni.
Per le tre organizzazioni si tratta di un primo passo avanti. “Ma il percorso per rendere l’Italia libera dalle trivelle ha bisogno di interventi più incisivi per superare le norme pro-fossili ereditate dalle passate legislature”, spiegano le associazioni un un comunicato congiunto.
Pur apprezzando la definizione di un Piano per la transizione energetica, l’aumento dei canoni annuali delle concessioni di coltivazione e per le istanze di prospezione e ricerca, Greenpeace, Legambiente e Wwf si sarebbero aspettati dal governo segnali chiari “sul superamento dei meccanismi automatici di autorizzazione unica per le attività di ricerca e coltivazione e sulla cancellazione dei cosiddetti ‘progetti sperimentali’ per le trivellazioni nella zona offlimits dl Golfo di Venezia (a rischio subsidenza), stabiliti dall’art. 38 del decreto Sblocca Italia; nonché sulla eliminazione della franchigia, della esenzione dal pagamento delle royalties, sull’introduzione di valutazioni sul pericolo di incidente rilevante (sinora non calcolato), sul divieto di utilizzo dell’airgun e di studi per l’applicazione di metodi alternativi per la ricerca geosismica ai fini delle trivellazioni”.
Per quanto concerne il “regalo” della franchigia, le associazioni ricordano che “l’Italia è considerata universalmente un ‘paradiso fiscale’ per le aziende petrolifere”. “Nel nostro Paese a mare non si pagano le royalty (10%) entro 80.000.000 Smc (metri cubi standard), e entro 50.000 tonnellate di petrolio (7%). A terra non si pagano le royalty (10%) entro 25.000.000 Smc e entro 20.000 tonnellate petrolio (10%). Questo ha comportato, come rilevato ad ultimo nel 2015 dal WWF che: su 123 concessioni operanti delle 202 presenti in terra e in mare in Italia solo 30 superavano la franchigia oltre la quale si dovevano versare le royalty – conclude la nota -. Si aggiunga che tra il 2017 e i primi tre trimestri del 2018 la franchigia è stata applicata al 27% della produzione italiana di gas offshore e al 22% circa della produzione offshore di petrolio. Infine non bisogna dimenticare che resta irrisolto il nodo dei 16 miliardi di euro di sussidi ambientalmente dannosi, a partire da quelli per le fonti fossili, che si attende da tempo vengano cancellati”.