I costi dell’opera sono aumentati dell’85% rispetto alle previsioni iniziali. E gli impatti ambientali positivi sono sovrastimati: se si rispettassero le previsioni, occorrerebbero 25 anni di attività a pieno regime per compensare i 10 milioni di tonnellate di CO2 derivanti dalla sua costruzione
DI SERGIO CAPELLI*
Dal mensile di gennaio – La Torino-Lyon non è un progetto di linea ferroviaria. È una linea di confine, una faglia tellurica sui cui lati si schierano due modi completamente opposti di intendere economia, tutela ambientale, opere pubbliche e, in ultimo, azione politica. Una grande opera definita strategica, incontestabile, su cui la politica italiana è schierata compatta. La contestazione o il pensiero non allineato sono ridotti a questione di ordine pubblico, trattata con il pugno di ferro.
Pugno di ferro evidente nelle prime sentenze definitive arrivate recentemente. Caso emblematico, tanto da attrarre gli strali di Amnesty International, è quello di Dana Lauriola, attivista e portavoce del movimento No Tav. Nel marzo 2012 con 300 manifestanti occupò il casello dell’autostrada Torino-Frejus. “Con l’utilizzo di un megafono – si legge nella sentenza 28 marzo 2017 del Tribunale di Torino – intimava agli automobilisti di transitare ai caselli senza pagare il pedaggio indicando le ragioni della protesta”. Il danno patrimoniale riportato dalla società concessionaria dell’autostrada è quantificato in 777 euro.
Dana è stata condannata a due anni di carcere per “violenza privata” e per “interruzione aggravata di servizio di pubblica necessità” nonostante fosse incensurata, la sua non pericolosità e la sua comprovata integrazione lavorativa e sociale. Eppure il reato più grave, la violenza privata, prevede, concesse le attenuanti generiche, una pena minima di 15 giorni. Ma quel che più colpisce sono le ragioni con cui a Dana sono state negate misure alternative al carcere: la mancata presa di distanza dal movimento No Tav e il luogo della sua abitazione, in quella Val di Susa epicentro della contestazione. A Dana è dunque contestato l’avere tenuto fermi i propri “ideali politici” e la propria opposizione al Tav. Quel che le è richiesto come condizione per evitare il carcere è l’abbandono del suo ambiente di vita, dei suoi affetti, magari dello stesso lavoro.
L’opera ha un ritardo di quindici anni e non sarà verosimilmente attiva entro il 2030, accumulando ulteriore ritardo. Ad oggi non un solo metro è stato realizzato, per non parlare di quella rete di linee d’accesso
A scompigliare le carte è arrivata nell’estate 2020 la relazione speciale 10/2020 della Corte dei conti europea (Eca) “Infrastrutture di trasporto dell’Ue”. La relazione sottopone ad audit otto progetti europei, il focus sulla linea italo-francese è impietoso. L’opera ha un ritardo di quindici anni e non sarà verosimilmente attiva entro il 2030, accumulando ulteriore ritardo. Ad oggi non un solo metro di opera definitiva è stato realizzato, per non parlare di quella rete di linee d’accesso.
Le previsioni di traffico su cui si basa l’opera (24 milioni di tonnellate di merci nel 2035 contro i 3 attuali) sono, secondo la magistratura contabile europea, ottimistiche. Ma questa non è una novità: storicamente tutte le previsioni su cui si è basata l’opera si sono dimostrate clamorosamente sbagliate. E gli stessi proponenti hanno ammesso pubblicamente gli errori. I costi sono aumentati dell’85% rispetto alle previsioni iniziali. Eppure Italia e Francia hanno speso poco più del 35% di quanto stanziato dall’Ue, a ulteriore conferma dell’inefficienza e dei ritardi dei lavori. Gli impatti ambientali positivi, ancora secondo l’Eca, sono sovrastimati: se si rispettassero le previsioni, occorrerebbero 25 anni di attività a pieno regime per compensare i 10 milioni di tonnellate di CO2 derivanti dalla sua costruzione. Arriveremmo al 2055. Ma la stessa Eca ritiene poco realistici tempi e flussi preventivati e sottolinea, se i flussi fossero solo la metà, come si finirebbe almeno al 2080. Non possiamo dunque aspettare la Torino-Lyon per la lotta ai cambiamenti climatici, accettando il suo impatto sulle falde acquifere, la flora e la fauna.
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*Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta