Ritorno alla tenda

Glamping, ritorno alla tenda

Tutti a seguire in mondovisione le nozze dell’anno, quelle fra il principe Harry e Meghan Markle, e pochi a preoccuparsi del dopo nozze, dei luoghi scelti per la luna di miele più esclusiva e regale degli ultimi anni. E invece vale la pena occuparsene, perché la scelta dei giovani coniugi è caduta su una vacanza all’insegna della natura: in un parco e soprattutto in glamping, l’ultima moda in tema di turismo en plein air. Glamping è il campeggio che coniuga l’esperienza della vacanza all’aria aperta con il massimo del comfort e del lusso. Il termine è ottenuto dalla crasi fra glamorous e camping e sta a indicare quelle strutture che riescono a offrire il sapore di una notte in tenda o in una casa sull’albero senza rinunciare al lettone comodo, alla vasca da bagno o all’aria condizionata.
Non è il caso di pensare quindi al principino alle prese con picchetti e tiranti di una canadese, anche se tecnicamente è proprio una tenda a ospitare Harry e Meghan nel prestigioso Hoanib valley camp, un glamping a ridosso dello Skeleton coast park, in Namibia, da 700 euro a notte a persona, esclusi servizi vari e guide per i safari fotografici alla ricerca di antilopi, giraffe ed elefanti.
La moda del glamping è partita proprio dai Paesi del Sud Africa, prendendo spunto dalle tende utilizzate per accogliere i facoltosi clienti dei safari. «Grazie a internet la pratica si è poi sviluppata rapidamente soprattutto nel Sudest asiatico, in Cambogia, Brasile, Dubai e Australia», racconta Loek van de Loo, imprenditore a capo di Vacance select, leader europeo del settore con 865 strutture sparse in 15 Paesi e numerosi marchi compreso l’italiano “Vacanze col cuore”. Attualmente il gruppo guidato da van de Loo può vantare 3 milioni di pernottamenti annui per un fatturato complessivo di circa 60 milioni di euro e la prospettiva di un’ulteriore crescita. «Siamo convinti – continua il manager – che nel giro di 5-10 anni il glamping diventerà più grande del camping. Già oggi si registra un’impennata della ricerca della prima parola su Google e parallelamente un declino per la seconda. Il glamping sta diventando sostanzialmente più cool – continua van de Loo – non a caso è stato utilizzato un glamping per girare alcune scene dell’ultimo film dedicato alla saga di Bridget Jones. E questa tendenza andrà a rafforzarsi secondo una logica per cui “less is more”: credo cioè che assisteremo a una diminuzione dei clienti nei campeggi ma a una crescita delle loro pretese, della loro ricerca di soddisfazione e, di conseguenza, della spesa pro capite».
La vacanza en plein air è già così richiesta dal pubblico di fascia alta che addirittura si stanno attrezzando di conseguenza alcuni alberghi delle grandi metropoli. È il caso del St. Jerome’s di Melbourne, stretto fra i grattacieli della cittadina australiana, che ha arredato il suo roof con un prato sintetico sul quale ha montato una decina di tende dotate di tutti i servizi. Ancora più raffinata, e di conseguenza più costosa, la proposta del “W New York hotel”, sulla Lexington avenue a Manhattan, che offre un pernottamento in una yurta mongola montata sulla terrazza del diciassettesimo piano, con annessi divani e braciere, che si accende da un interruttore, alla modica cifra di 2.000 dollari per notte. Più economica (150 euro a persona) ma non per questo meno esclusiva, la proposta che arriva da un’azienda turistica di Roxbury, una cittadina a tre ore dal centro di Manhattan, che ospita i suoi clienti in teepee stile nativi americani con braciere (vero!) al centro e rigorosamente senza elettricità. Per gli appassionati dell’epopea western infine è vivamente consigliata la proposta del Capitol reef hotel che offre notti fra le montagne dello Utah all’interno dei Conestoga wagons, i leggendari carri dei pionieri attrezzati con comodi letti matrimoniali.
Va da sé che la pratica del glamping si sposa bene con il tema della sostenibilità ambientale, da sempre abbastanza di casa all’interno dei campeggi tradizionali, ma ulteriormente stressata nelle nuove strutture. Generalmente i veicoli a motore sono esclusi dai glamping per una scelta ambientale, ma anche per la volontà di caratterizzarli sempre più in chiave child friendly. Una particolare attenzione viene riservata, inoltre, all’approvvigionamento energetico da fonti rinnovabili e alla gestione del ciclo delle acque e dei rifiuti.
Le esperienze più interessanti nel Vecchio continente si stanno sviluppando soprattutto in Slovenia e in particolare sul lago di Bled. Qui si propongono soggiorni in case sugli alberi addirittura a due piani, idromassaggi in camera o soluzioni più vintage con tinozze in legno e raffinatissime colazioni servite la mattina nei classici cestini in vimini da pic nic. Ma è buona anche la risposta che il nostro Paese sta offrendo agli appassionati della nuova formula. Secondo una recente ricerca della società Jfc, l’anno scorso il glamping avrebbe fatto registrare 208mila presenze nel Belpaese, a un prezzo medio di 227 euro per unità abitativa e un fatturato complessivo di circa 22,7 milioni di euro, con tendenza alla crescita. Interessante anche il calcolo del tasso di occupazione media delle strutture glamping, che fanno registrare una percentuale del 75,1% su una stagionalità di sei mesi, con picchi del 95,8% in alta stagione.
Secondo Stefano Landi, economista ed esperto di turismo, il glamping sarebbe parte di «una modificazione lenta, quasi generazionale, nelle strutture ricettive, e quella che riguarda i campeggi ne è in qualche modo l’emblema. Estremizzando si può dire – continua Landi – che queste strutture ricettive si stiano trasformando dal luogo spartano modello anni ‘70 dove piantare la tenda canadese, a resort sofisticati, in cui si possono vivere in comodità esperienze diverse e inusuali. La moltiplicazione delle soluzioni ricettive e insieme anche dei servizi per gli ospiti va proprio in questa direzione, e le soluzioni cosiddette glamping rappresentano la punta di diamante di un processo di personalizzazione della proposta open air che va a toccare anche le corde alte della domanda». Una domanda di turismo, conclude Landi, «sempre meno massificata, sempre più articolata per nicchie, nella quale i comportamenti ed i consumi si intrecciano e si articolano rapidamente, mescolando classi sociali e target, magari anche solo per una notte».
Insomma, il camping come l’abbiamo conosciuto fino a ieri era un luogo che rispondeva alle esigenze di un turismo di massa orientato sì dal gusto della vacanza all’aria aperta, ma anche da motivazioni di carattere economico (la vacanza low cost). Al contrario il glamping intercetta oggi una delle tante nicchie che caratterizzano il nuovo universo turistico. Un target, in linea con la nobile coppia di sposini inglesi, che cerca sempre più natura, caratteristica quasi irrinunciabile nei nuovi turismi, ma non ha alcuna intenzione di fare a meno del comfort o di passare le notti alle prese con ragni e zanzare.

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