Si stanno facendo significativi passi avanti nella lotta alla resistenza antimicrobica (Amr), anche se concentrati per lo più nei Paesi ad altro reddito, con evidenti discrepanze che richiedono un’azione urgente. È quanto emerge dal rapporto Fao-Oms-Oie (Organizzazione mondiale per la sanità animale), che va a registrare sorveglianza, educazione e regolamentazione del consumo e dell’uso di antimicrobici per la salute umana e animale, oltre che delle piante e dell’ambiente.
Secondo il rapporto, su 154 Paesi monitorati sono 105 quelli che hanno sistemi di sorveglianza per segnalare infezioni resistenti ai farmaci nella salute umana, mentre 68 per il tracciamento del consumo di antibiotici; in 123 hanno invece sviluppato politiche per la regolamentazione della vendita di antimicrobici, incluso l’obbligo di prescrizione medica per il consumo umano.
Sono azioni che però variano da Paese a Paese, con medicinali non regolamentati ancora disponibili senza limitazioni al loro utilizzo. Il rapporto si concentra su aree dove è urgente il bisogno di maggiori investimenti e azioni, soprattutto per quanto riguarda il settore animale e alimentare. Solo 64 Paesi rispettano le raccomandazioni sui limiti di utilizzo di antimicrobici negli allevamenti. Di questi, 39 sono ad alto reddito, per lo più europei. Al contrario solo tre Paesi africani e sette americani hanno fatto questo passo per ridurre la resistenza antimicrobica.
“È una priorità aiutare i Paesi a basso e medio reddito a seguire le linee guida per un uso responsabile degli antimicrobici – ha dichiarato il vicedirettore generale dell’Oie, Matthew Stone – l’implementazione degli standard internazionali, una legislazione nazionale appropriata e il rafforzamento dei servizi veterinari sono essenziali per aiutare tutti a contenere questa minaccia”.
