I due poli ‘comunicano’: i risultati di una nuova ricerca

installazione polo sud

La rivista scientifica Nature  ha pubblicato uno studio che spiega le interconnessioni climatiche tra Atlantico settentrionale e Antartide, scoprendo nei cambiamenti avvenuti durante l’ultimo periodo glaciale un sistema di ‘comunicazione’ a due velocità che potrebbe dire molto  sui possibili scenari futuri.

Alla ricerca, coordinata da Christo Buizert della Oregon State  University, hanno partecipato gli italiani Mirko Severi, ricercatore  in chimica analitica all’Università di Firenze, e Barbara Stenni,  professoressa in geochimica e paleoclimatologia all’Università Ca’ Foscari Venezia. La realizzazione di questo studio è stata possibile 
grazie alla partecipazione italiana ai due progetti europei Epica (European Project for Ice Coring in Antarctica), Taldice (Talos Dome Ice Core, www.taldice.org) e ai finanziamenti del Miur al Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (Pnra).

La ricerca rivela che nel periodo compreso tra 100mila e 20mila anni fa, il clima del nostro pianeta ha subito per circa 25 volte dei rapidi cambiamenti di temperature. Per comprendere più a fondo questi fenomeni, i  ricercatori hanno analizzato carote di ghiaccio ottenute da cinque diversi siti in Antartide, mettendole a confronto con quelle estratte in precedenza in Groenlandia. In pratica, le carote di ghiaccio sono state sincronizzate e quindi poste sulla stessa scala temporale, utilizzando le numerose eruzioni vulcaniche registrate nel ghiaccio durante gli ultimi 60.000 anni. Inoltre, le carote di ghiaccio hanno permesso la ricostruzione delle variazioni di temperatura grazie all’analisi degli isotopi stabili dell’acqua proveniente dalla fusione dei campioni di ghiaccio.

I dati hanno dimostrato come i bruschi cambiamenti climatici avvenuti in quel periodo siano derivati da un avvicendamento di rafforzamenti e indebolimenti della corrente oceanica che riscalda la Groenlandia e l’Europa portando verso l’Oceano Atlantico  settentrionale acqua calda proveniente dai tropici tramite la corrente del Golfo. Durante queste variazioni veloci del regime climatico, quando la corrente del Golfo raggiunge la sua massima potenza, la Groenlandia può subire riscaldamenti molto veloci che possono arrivare fino a 10-15°C nell’arco di un decennio.

Secondo gli scienziati, se dovesse ripetersi quanto accaduto nel passato, l’indebolimento della corrente del Golfo potrebbe ridurre la potenza dei monsoni asiatici mettendo in difficoltà milioni di persone la cui vita dipende da quelle piogge. Inoltre, variazioni nei venti dell’emisfero australe ridurrebbero la capacità dell’oceano di catturare anidride carbonica, che rimarrebbe nell’atmosfera peggiorando l’effetto serra.

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