325 particelle di plastica in media per ogni litro d’acqua venduto, con picchi fino a 10.000. Sono questi i dati risultanti dall’analisi di 259 bottiglie di 11 marche diverse, provenienti da 19 località in 9 nazioni del mondo. Secondo la ricerca condotta dal Dipartimento di geologia e scienze ambientali dell’Università di New York a Fredonia solo 17 bottiglie sul campione analizzato sarebbero prive di plastiche. E le particelle trovate sono il doppio di quelle presenti nell’acqua di rubinetto, comparando i dati con quelli di una precedente ricerca.
All’indomani della pubblicazione dei risultati dell’analisi commissionata da Orb media, l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha annunciato che aprirà un’indagine. Il portavoce dell’Oms ha infatti spiegato al Guardian che, pur non essendoci ancora evidenze scientifiche dell’impatto sulla salute umana, si tratta senza dubbio di un’area emergente di preoccupazione. È dunque in programma un’agenda di ricerca per formare una più accurata valutazione del rischio. Dal settore scientifico di Legambiente, arriva una conferma sulle azioni per il contrasto della contaminazione da microplastiche in Europa e in Italia: “L’inquinamento da plastica e microplastiche è al centro della strategia europea sulla plastica, presentata lo scorso gennaio dalla Commissione europea. Con essa si stanno predisponendo misure efficaci per ridurre il monouso e l’usa e getta. Da Bruxelles è arrivato anche un importante riconoscimento per il modello italiano e per le esperienze plastic-free e di riciclo messe in atto in questi anni dal nostro Paese, che ha fatto da apripista nel panorama europeo e mondiale: adesso queste strategie devono però tradursi in azioni concrete e proposte legislative coerenti, garantendo un sistema di controlli efficace, nuove misure per contrastare l’usa e getta e ridurre l’uso eccessivo di acque in bottiglia, con un conseguente minor consumo di grandi quantità di plastica”. Hanno detto alla Nuova Ecologia Andrea Minutolo e Giorgio Zampetti.
Sono tante e importanti le marche finite nel mirino dell’inchiesta di Orb media. Dall’ Evian (Danone) fino alla San Pellegrino (Nestlé). Ma alcune di loro non ci stanno e denunciano i metodi usati nella ricerca. Sono Coca-Cola, Nestlé, Gerolsteiner e Danone. Nestlé è stata interpellata dal Guardian per un commento su nuove indagini condotte dal gruppo Story of stuff, attivo nella ricerca sulle microplastiche. Ma non ha dato alcuna risposta. Quello della contaminazione da microplastiche è un ambito ampio, perché le particelle possono essere facilmente condotte dall’aria, dagli abiti e dalle persone. Ma soprattutto, sono un inquinamento di ritorno. “Sappiamo che le microplastiche sono aumentate negli animali marini e questo vuol dire che anche noi siamo esposti alla contaminazione, alcuni di noi ogni giorno” – avverte Jaqueline Savitz, del gruppo Oceana. Un vero e proprio boomerang, da analizzare e bloccare all’origine.