Le imprese green sono quelle che resistono di più alla crisi del Covid

Il 16% delle imprese eco-investitrici ha aumentato il proprio fatturato nell’ultimo anno. È il quadro che emerge alla fine del progetto Ecco – Economie Circolari di COmunità, promosso da Legambiente

L’Italia è un paese pronto a convertire il suo paradigma economico in un modello circolare, che possa puntare non solo a migliorare l’impatto ambientale ma anche a favorire processi virtuosi di inclusione sociale. Imprese, enti pubblici, cooperative, scuole e studenti emergono come gli attori principali di questa importante volontà di cambiamento. È il quadro che emerge alla fine del progetto ECCO – Economie Circolari di COmunità, promosso da Legambiente e finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali che in 18 mesi ha coinvolto oltre 700 realtà territoriali, 24 scuole e oltre 3000 studenti in tutta Italia, con l’obiettivo di promuovere l’economia circolare attraverso percorsi formativi mirati a favorire da una parte, un modello produttivo che punti alla riduzione degli sprechi e dell’inquinamento, e dall’altra nuove forme di occupazione.

ECCO e i suoi 15 Rihub

ECCO ha visto nascere 15 “poli di economia circolare” in tutta la penisola, chiamati Rihub, che per un anno e mezzo, nonostante le difficoltà legate alla pandemia in corso, hanno organizzato corsi formativi ai green jobs focalizzandosi su diverse filiere sostenibili: dall’ecoturismo all’eco-ristorazione, dal cicloturismo all’apicoltura, dalla rigenerazione di apparecchiature informatiche alle consegne sostenibili. Oltre 600 i partecipanti alle formazioni, il 10% dei quali appartenente a categorie fragili (come disoccupati, pazienti dei dipartimenti di salute mentale e Neet).

“Il progetto ECCO ha introdotto il concetto di inclusione circolare, un connubio necessario tra le sfide ambientali e sociali, evidenziate ancora di più dalla crisi pandemica. I territori italiani che hanno preso parte al progetto si sono dimostrati capaci di realizzare concretamente percorsi inclusivi e direzionati all’economia circolare”, dichiara Lorenzo Barucca, responsabile economia civile di Legambiente. “Dobbiamo insistere per consentire a questi mondi di co-progettare nuove soluzioni economiche. Il nostro impegno continuerà, al fine di superare ostacoli di linguaggio, gangli normativi e consuetudini economiche che rischiano di impedire la transizione ecologica giusta del nostro paese”.

Alla base dei risultati del progetto ECCO due indagini, entrambe rivolte al mondo delle imprese, per osservare quanto – e come – investano in termini di sostenibilità e quanto spazio sarà dedicato ai lavori green nei prossimi anni. La prima, condotta dalla prof.ssa Eleonora Di Maria dell’Università degli Studi di Padova, ha esaminato 64 aziende certificate come “circolari” e analizzato, durante il periodo di pandemia, le strategie di investimento, la gestione delle reti di fornitura dei materiali e la sostenibilità ambientale e sociale. Il 69% di queste imprese proviene dal mondo della manifattura mentre il 31% si occupa di servizi. Le azioni di economia circolare maggiormente utilizzate dalle imprese green sono legate alla minimizzazione della produzione di rifiuti (79%), e alla riduzione dell’utilizzo delle risorse come acqua, energia e materie prime (67%). Emerge, inoltre, un’attenzione all’inserimento di materie di scarto all’interno del processo produttivo, scarti che provengono sia da altri soggetti (65%), sia seppur in maniera minore, dal ciclo produttivo dell’azienda stessa (48%). Gli aspetti che invece vanno ancora potenziati sono quelli legati al ciclo di vita del prodotto: solo il 30% delle imprese selezionate prevede la possibilità di riparare e riutilizzare i propri prodotti per allungarne la durabilità.

L’avanzata delle imprese green

Sono imprese che vedono nell’economia circolare un modello competitivo, legato soprattutto a un utilizzo efficiente delle risorse e delle materie prime: solo il 15% delle imprese analizzate utilizza materiali non rinnovabili, mentre tutte le altre utilizzano materiali che provengono dal riciclo e dal riuso. Una consapevolezza verso la sostenibilità che è cresciuta considerevolmente negli ultimi due anni, se pensiamo che l’uso di materiali di riciclo è aumentato nel 66% dei casi analizzati e l’utilizzo di materiali di riuso nel 42% dei casi. Il 55% delle imprese dichiara un aumento dell’occupazione, mentre il 42% ha registrato un’occupazione stabile. Oltre il 40% delle imprese ricorre a cooperative sociali come fornitori (in prevalenza nella stessa regione) ed un altro 42% lo sta valutando. Per quanto riguarda invece l’investimento in progetti o iniziative di natura sociale, questa è una direzione ancora limitata (26% delle imprese), ma circa la metà delle imprese sta valutando di investire nel prossimo futuro.

Le imprese green, inoltre, emergono come le più resistenti nel fronteggiare le crisi. Nell’ “I green jobs e l’economia circolare”, messa a punto da Green Factor per il progetto ECCO, sono stati analizzati i dati Symbola-Unioncamere relativi a mille imprese manifatturiere, confermando che le imprese più ecosostenibili sono anche le più resilienti, cioè sono quelle che più delle altre hanno meglio resistito alla flessione causata dalla pandemia.

Il 16% delle imprese che ha effettuato investimenti per la sostenibilità, è infatti riuscito ad aumentare il proprio fatturato, una percentuale che nel caso delle imprese non green si è fermata al 9%. Ancora: la quota di imprese manifatturiere il cui fatturato nel 2020 è sceso di oltre il 15% è imputabile per l’8,2% a imprese che hanno investito in sostenibilità green, mentre quasi il doppio (14,5%) si rileva tra le imprese che non hanno portato avanti eco-investimenti. Questa capacità di resilienza impatta anche sotto il profilo dell’occupazione: le imprese eco-investitrici assumono un po’ di più (nel 9% dei casi) delle altre (7%) e hanno risultati migliori in fatto di export (+16% contro il 12% delle altre). Inoltre, secondo le stime condotte da GreenFactor per Legambiente su base Unioncamere, anche se nel 2020 la domanda di lavoro è diminuita di 1,4 milioni di posti lavoro, l’ecosostenibilità, insieme alla digitalizzazione sono tra i principali fattori di cambiamento che stanno trasformando il mercato del lavoro: le competenze green sfiorano una domanda di lavoro dell’82%, le competenze digitali del 93%.

In cifre, secondo i dati previsionali di Unioncamere, nel corso dei prossimi quattro anni (2021-2024) il mercato del lavoro richiederà 1,6 milioni di lavoratori che sappiano sviluppare soluzioni e strategie ecosostenibili, e per quasi un milione di profili l’attitudine al risparmio energetico e alla sostenibilità ambientale sarà il fattore dirimente ai fini dell’assunzione. In particolare, il 46% dei posti di lavoro a disposizione sarà destinato all’assunzione di figure molto specializzate (circa 744mila professionisti). Maggiori competenze green saranno richieste poi a figure professionali già esistenti: ingegneri civili, ingegneri energetici e meccanici, ma anche i tecnici nella gestione dei cantieri edili e i tecnici della sicurezza sul lavoro.

“In un anno si sono persi circa 1,4 milioni di nuovi posti di lavoro, eppure la percentuale di domanda di competenze green è rimasta altissima e non è arretrata”, conclude Barucca. “L’alta domanda di competenze verdi non arriva solo dalle imprese eco-investitrici ma da tutto il tessuto produttivo. Le professioni circolari, le microimprese che spesso sono composte dai singoli che si ingegnano e mettono a frutto ciò che hanno appreso sono le principali destinatarie di queste riflessioni. I grossi stakeholder, i grandi capitali, i governi, se lo vogliono hanno a disposizione tutti questi dati da tempo. Qualcuno li sta cominciando ad usare, anche se la strada è lunga”.

Guida alle professioni verdi

La conclusione del progetto ECCO, infine, ha visto nascere una “Guida alle professioni green”, un vademecum con 27 professioni – più o meno comuni – per le quali sono richieste percentuali sempre maggiori di competenze verdi: dal cuoco al webmaster, dal fabbro al fisioterapista. La guida, realizzata da Angela Maria Di Luise e Marco Gisotti di Green Factor, con le illustrazioni di Barbara Sabatini, sarà uno tra gli elementi che verranno presentati all’evento finale di progetto: 100 voci di economia circolare e civile, una maratona digitale che accenderà i riflettori su tutti i protagonisti del progetto e sui suoi principali output.

L’evento, che si terrà il 15 giugno 2021 dalle 10.00 in diretta streaming sulla pagina Facebook e sul canale youtube Economie circolari, sarà scandito da sette sessioni interrotte dalla pausa pranzo: “Pranzo di scarti, l’economia circolare in cucina”, un live cooking con gli scarti alimentari realizzato da Renata Briano, food blogger di Giallo Zafferano, Federica Di Lieto e Azzurra D’Arpa, ex concorrenti dell’ultima edizione di Masterchef Italia e Ilaria Ricotti, PR manager di Too Good To Go.

L’evento si concluderà alle 18.00 con una tavola rotonda moderata da Francesco Loiacono, direttore de La Nuova Ecologia, alla presenza di Stefano Ciafani, presidente di Legambiente, Ilaria Fontana, Sottosegretaria di Stato al Ministero della Transizione Ecologica e Andrea Orlando, Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali.

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