E se un bel giorno dal rubinetto di casa, al posto del solito flusso copioso, l’acqua uscisse a gocce? Sapremmo cavarcela con dosi minime, ben al di sotto della razione a cui siamo abituati? Una razione abbondante, visto che ogni italiano consuma in media 245 litri di acqua al giorno. Nel mondo ci sono decine di milioni di persone che invece fanno i conti quotidianamente con la scarsità idrica, in molti Paesi intere regioni non hanno accesso all’acqua potabile. Con conseguenze drammatiche dal punto di vista sanitario e un tasso altissimo di mortalità infantile a causa delle infezioni.
Siamo dunque fortunati, anche se non ce ne rendiamo conto. Ma l’acqua non è una risorsa infinita, deve rigenerarsi e rendersi disponibile all’uso umano. E questo è un processo che richiede tempo, mentre la popolazione mondiale che ne ha bisogno cresce a una velocità maggiore. Inoltre, solo il 2,5% dell’acqua sulla Terra è dolce e appena lo 0,1% è accessibile all’uomo. E lo scenario futuro non è incoraggiante: gli scienziati stimano che entro il 2025 quasi due miliardi di persone vivranno il problema della scarsità idrica “assoluta”, ossia una disponibilità sotto la soglia dei 500 m3 all’anno a testa.
“Un mondo di gocce”, il progetto di Legambiente e Fondazione con il Sud per diffondere un uso sostenibile della risorsa acqua, ha questo obiettivo. Rendere i cittadini consapevoli della preziosità dell’acqua e impegnarli in forme di risparmio, nella riduzione degli sprechi, nel riutilizzo. Si rivolge agli studenti, alle famiglie, agli agricoltori, agli operatori del settore edile, a tutti quelli che nella loro attività quotidiana, personale o lavorativa, possono fare la differenza, senza sacrifici eccessivi, ma semplicemente cambiando abitudini, sapendo che l’acqua è una risorsa limitata, non va dissipata e non va inquinata. Se tutti fanno la loro parte, basta poco. Mettere i riduttori di flusso ai rubinetti e il doppio scarico al wc, usare lavatrici e lavastoviglie a pieno carico, raccogliere l’acqua piovana per bagnare le piante sul terrazzo, separare le acque grigie, quelle che finiscono nella fogna anche se ci siamo solo sciacquati le mani o fatto la doccia, per renderle utili per il giardino o per lavare l’automobile.
Oltre a quella che utilizziamo in casa, c’è, ovviamente l’acqua che beviamo. In questo, gli italiani detengono il primato europeo del consumo in bottiglia, con 206 litri di media a persona in un anno. A livello mondiale ci superano solo i messicani, che arrivano a 244. Una scelta, quella dell’acqua con l’etichetta, anche quando quella di fonte è buona, che ha un duplice effetto negativo. Il mare di plastica che inonda il pianeta (8 miliardi di bottigliette usa e getta all’anno) e l’iniquo business legato alle concessioni delle fonti: chi imbottiglia e vende acqua potabile gode di un giro d’affari che sfiora i 10 miliardi di euro all’anno.
Se usiamo l’acqua a casa per tutte le necessità quotidiane, indirettamente ne siamo consumatori anche per molte altre ragioni. La maggior parte serve all’agricoltura, che ne risucchia circa il 50%, ma l’acqua è necessaria anche per produrre alimenti e beni di cui facciamo largo consumo. Per produrre un chilo di carne di bovino, dall’allevamento alla macellazione, servono 15.400 litri di acqua, per fare un chilo di caffè ne occorrono 16.000, per una pizza margherita 1.200 e, sembra incredibile, 10 litri per un solo foglio di carta. Insomma, cominciare a pensare all’acqua come “fatta di gocce” è necessario per il pianeta, quindi anche per noi. I cambiamenti climatici e la scarsità di piogge da un lato e le nuove tecnologie già disponibili dall’altro, ci devono accompagnare verso stili di vita più sostenibili, insegnandoci a ridurre la nostra “impronta idrica”. A consumare in modo più responsabile una risorsa preziosa.