Nel 2019 le emissioni sono aumentate dell’1,1%. Nonostante il calo dovuto alla crisi pandemica del 2020 si teme l’effetto rimbalzo. Per fronteggiare l’emergenza climatica servono piani di ripresa economica ambiziosi. Anche per l’Italia
Sono trascorsi cinque anni dall’Accordo di Parigi e la strada per fronteggiare l’emergenza climatica è sempre più in salita. È quanto emerge dall’ultimo Emissions Gap Report delle Nazioni Unite, pubblicato in vista del Climate Ambition Summit che si tiene oggi a Parigi. Dove i leader mondiali, oltre a celebrare il quinto anniversario dell’Accordo, sono chiamati ad annunciare l’aumento degli impegni di riduzione sottoscritti il 12 dicembre 2015.
Le emissioni climalteranti, infatti, continuano a crescere. Nel 2019 sono aumentate dell’1.1% rispetto all’anno precedente. Tuttavia, il rapporto prevede che nel 2020 si registrerà una riduzione del 7% a seguito della crisi pandemica. Bisogna evitare il cosiddetto rimbalzo, ossia che le emissioni riprendano ad aumentare.
Un ruolo importante dovranno svolgerlo i piani di ripresa economica che i governi hanno in cantiere per superare la crisi pandemica. Devono servire ad invertire da subito la rotta, mettendo in campo tutte le azioni e gli investimenti necessari a fronteggiare nello stesso tempo anche la crisi climatica.
Non è più sufficiente impegnarsi solo a raggiungere la neutralità climatica, ossia zero emissioni nette, entro il 2050 o 2060 come hanno già fatto già 126 paesi, che insieme rappresentano il 63% delle emissioni, se si considera anche l’annuncio de Presidente-eletto Biden per gli Stati Uniti.
I prossimi anni saranno cruciali per contenere il surriscaldamento del pianeta entro la soglia critica di 1.5°C. Da qui al 2030, come evidenzia l’Emissions Gap Report, le emissioni globali devono diminuire del 56% rispetto ai livelli del 2019.
Una sfida ambiziosa che richiede una forte leadership europea in vista della Conferenza sul clima (COP26) del prossimo novembre a Glasgow, dove dovranno essere aggiornati gli impegni di riduzione di Parigi.
La decisione di ieri del Consiglio Europeo di aumentare ad almeno il 55% la riduzione delle emissioni nette (inclusi quindi anche gli assorbimenti agroforestali) entro il 2030 è un primo passo in avanti, ma non ancora in linea con l’obiettivo di 1.5°C di Parigi che richiede, invece, una riduzione del 65%. La palla passa ora al confronto tra Parlamento e Consiglio per l’accordo sulla nuova Legge europea sul clima, che è nella fase finale dei negoziati e potrà essere approvata a maggioranza qualificata, senza quindi l’alibi del veto polacco nel Consiglio. Negoziati che dovranno tener conto della posizione più ambiziosa adottata dal Parlamento che prevede una riduzione del 60% delle emissioni al 2030, senza includere gli assorbimenti che ammontano a circa il 5%.
Nei prossimi mesi l’Italia è chiamata a giocare un ruolo di primo piano, a livello sia europeo che globale, avendo la presidenza del G20 e collaborando con il Regno Unito all’organizzazione della COP26. Un ruolo che richiede una forte credibilità, soprattutto attraverso un’ambiziosa politica climatica nazionale.
Serve pertanto un drastico cambio di passo rispetto all’attuale Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC). Il piano, infatti, consente di raggiungere entro il 2030 un livello di riduzione delle emissioni di solo il 37%, con una proiezione al 2050 di appena il 64%, fondandosi essenzialmente sulla continuazione delle misure esistenti e rimandando tutto al dopo 2030. Una politica del rinvio inammissibile. Gli anni da qui al 2030, sono gli anni cruciali per fronteggiare l’emergenza climatica. Non va pertanto sprecata la grande opportunità del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) per mettere in campo da subito un’ambiziosa politica climatica, in linea almeno con i nuovi obiettivi europei. L’Italia ha a disposizione ben 209 miliardi da investire per superare la crisi pandemica e fronteggiare l’emergenza climatica, attraverso una ripresa verde fondata su un’azione climatica ambiziosa, in grado di colmare i ritardi del PNIEC ed accelerare la decarbonizzazione dell’economia italiana, dimostrando che è possibile tradurre gli obiettivi dell’Accordo di Parigi in realtà. Una sfida che l’Italia può e deve vincere.