La filiera della legalità


Nasce, cresce e matura in Puglia, Campania, Calabria e Sicilia. È il grano della pasta di Libera Terra, la cui produzione è curata dal consorzio Libera Terra Mediterraneo onlus, nato nel 2008, che raggruppa le cooperative sociali impegnate a coltivare terreni confiscati alle mafie e concessionarie del marchio “Libera Terra”, promosso dall’associazione Libera. Un percorso che simboleggia la cura del prodotto, coltivato in modo biologico nei terreni sottratti alla criminalità, raccolto e trasferito ad Altamura in un mulino che lo stocca in silos separati dalle altre tipologie di grano e che molisce “a freddo”, sotto i 40 gradi, per evitare di perderne le proprietà organolettiche. Attenzioni che proseguono anche nel pastificio, che essicca a temperatura moderata, trafila al bronzo e lo imbusta in un packaging riciclabile. Per un alimento finito che vuole essere qualcosa di più di un semplice pacco di pasta: «È un percorso sulla terra, sulla vita, sulla collettività e sulla giustizia sociale – spiega Valentina Fiore, amministratore delegato del consorzio – emblema di un miglioramento continuo, di coerenza e di sostenibilità da tutti i punti di vista». La nuova pasta “Bio Libera Terra” è anche il simbolo di un progetto a tutto tondo portato avanti con un pastificio partner da anni delle attività del consorzio. Una realtà nata a sua volta da un gruppo di piccoli produttori di grano che negli anni Ottanta hanno rilevato lo stabilimento con cui lavoravano da tempo, per evitarne la chiusura. E così questa azienda di proprietà cooperativa, rinata dalle sue ceneri, si è rinnovata secondo i criteri di sostenibilità in cui crede anche Libera Terra: «Il pastificio nostro partner – spiega Fiore – si è aggiornato nei macchinari, ha migliorato processo produttivo e qualità, investendo anche sui criteri di costruzione delle strutture». Si è sviluppato così uno stabilimento dall’architettura ecosostenibile e a basso impatto ambientale, realizzato con materiali in prevalenza riciclabili, con poco cemento e molto legno, acciaio, vetro, canapa e argilla. Il tetto è ricoperto di pannelli fotovoltaici, che insieme ai giardini pensili in corso di realizzazione contribuiranno alla coibentazione dell’edificio per garantire un risparmio nei consumi e arrivare, un giorno, all’autonomia energetica. Il progetto, infine, prevede anche due laghetti di fitodepurazione delle acque per il trattamento degli scarichi, oltre alla costruzione di una scuola materna e di un centro servizi che ospiterà un ristorante e una mensa bio, una cucina didattica, il museo della pasta e una sala convegni. Un esempio virtuoso di un lavoro messo in campo da anni e condiviso da molti. Sono infatti nove le cooperative sociali che collaborano con il consorzio Libera Terra Mediterraneo. Insieme coltivano circa 1.300 ettari di terreni confiscati e sequestrati in Sicilia, Campania, Puglia e Calabria grazie all’impegno di circa 50 soci lavoratori, 14 volontari e 20 sovventori, per circa 150 posti di lavoro, il 42% ricoperti da soggetti svantaggiati. «Si genera un indotto economico – riprende Fiore – che alla base però ha una caratteristica: la condivisione del lavoro con realtà che condividono i nostri valori e che credono nell’impegno sociale e di qualità».

La produzione è biologica fin dal primo momento in cui il terreno viene preso in gestione. Le cooperative di Libera Terra coltivano cereali, legumi, olive, uva, pomodori, meloni, melanzane, peperoncini, agrumi, carciofi, cime di rapa, finocchi e producono mozzarelle e miele. Poi ci sono tutti i trasformatori, controllati da vicino perché garantiscano standard elevati e tracciabilità del prodotto. «Quando cominciamo a seguire un appezzamento però – sottolinea l’amministratore delegato – non possiamo indicare da subito che i prodotti finiti sono biologici. Dobbiamo attendere dai due ai tre anni prima che l’ente di certificazione accerti il superamento del periodo di conversione». Un progetto che ha fatto della trasformazione e del “riuso” la sua bandiera: da criminale a legale, da convenzionale a biologico. «Si passa da una vita precedente a una successiva, diversa. Cerchiamo di cambiare il contesto sociale e culturale in cui viviamo». Il tentativo è anche quello di provare a stimolare i produttori e i trasformatori vicini, non necessariamente coinvolti nei progetti del consorzio, ad abbracciare la coltivazione biologica e il rispetto dell’ambiente. Come ha fatto, in Campania, la cooperativa Le Terre di don Peppe Diana Libera Terra, con Legambiente, Slow Food, Libera e altri allevatori del territorio: «È stato avviato un percorso per stimolare la conversione al biologico di allevatori selezionati che producono latte di bufala da trasformare, grazie al caseificio della cooperativa, in mozzarella di bufala Dop, scamorza e ricotta». L’idea è di creare le condizioni per valorizzare il territorio e le sue specificità enogastronomiche, avviare percorsi di cambiamento virtuoso e rispettoso degli altri, creare opportunità d’impresa pulita e sostenibile, mettersi a disposizione per amplificare progetti virtuosi e fare in modo che vadano a vantaggio di tutti. Per Libera Terra, l’impegno nel biologico non si esaurisce solo nella coltivazione o nell’opera di contaminazione positiva del territorio, ma si estende anche alla ricerca. «In collaborazione con l’università di Palermo – continua Valentina Fiore – abbiamo avviato studi e prove sull’uso dei grani antichi in biologico, per confrontare come le rese e le qualità possano migliorare nell’ottica della trasformazione in prodotti finiti di alta qualità». Ecco perché Libera Terra fa attenzione anche al packaging, sempre più riciclabile: «L’essenza della nostra mission – conclude – è ridare dignità a terre e persone valorizzandone la specificità, le passioni, le professionalità. Lo facciamo creando e mettendo in commercio prodotti con un rapporto valore-prezzo che vuole diventare fra i migliori in assoluto. La nostra grande varietà di offerta nasce dalla volontà di tirare fuori il meglio di tutti i nostri territori, per farli conoscere nelle loro positività». Biologiche e giuste.

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