Il confinamento indefinito sull’isola di Nauru di rifugiati e richiedenti asilo attuato dal governo australiano sta avendo impatti negativi sulla salute mentale di centinaia di persone. A dirlo sono i primi dati medici indipendenti diffusi da Medici Senza Frontiere e contenuti in un rapporto intitolato ‘Disperazione senza fine’. Un dossier che mostra come la sofferenza psicologica a Nauru sia tra le più gravi che Msf abbia mai osservato in tutto il mondo, anche considerando i progetti di assistenza per sopravvissuti alla tortura.
Per questo motivo la ong ribadisce con forza la propria richiesta al governo di Canberra di porre fine a queste politiche e di evacuare immediatamente da Nauru tutti i rifugiati e richiedenti asilo – uomini, donne e bambini per evitare un ulteriore peggioramento della loro salute.
“I dati medici che diffondiamo oggi confermano la realtà straziante di cui sono stata testimone a Nauru” dichiara Sara Giorgi, psicologa e coordinatrice delle attività di salute mentale nell’isola di Nauru. “Ogni giorno la preoccupazione del nostro team era capire quali dei nostri pazienti avrebbero potuto tentare di togliersi la vita. Dopo cinque anni di attesa senza alcuna prospettiva, le persone hanno perso ogni speranza”.
Tra i 208 richiedenti asilo e rifugiati assistiti da MSF a Nauru, 124 (il 60%) hanno pensato di togliersi la vita e 63 (il 30%) hanno tentato il suicidio. A dodici pazienti, adulti e bambini, è stata diagnosticata la ‘sindrome da rassegnazione’, una rara condizione psichiatrica in cui le persone arrivano a uno stato semicomatoso, incapaci anche di mangiare o bere, e hanno bisogno di cure mediche per restare in vita.
Sebbene tre quarti dei pazienti rifugiati e richiedenti asilo di Msf abbiano raccontato di aver vissuto eventi traumatici come guerre o detenzione prima di raggiungere Nauru, il rapporto mostra come siano le condizioni di vita sull’isola ad avere maggiormente danneggiato la loro salute mentale. Il 65% dei pazienti sente di non avere più controllo sulla propria vita, e proprio questi pazienti sono risultati i più inclini a tentare il suicidio o a sviluppare condizioni psichiatriche gravi. Più di un terzo dei pazienti è stato separato dai loro familiari stretti. Le persone separate dalla famiglia dopo che un parente era stato evacuato per ragioni mediche – tattica usata dal governo australiano per forzare la persona evacuata a tornare sull’isola – sono risultate per il 40% più inclini al suicidio.
“Molti dei nostri pazienti hanno subito gravi traumi, ma sono le politiche australiane di confinamento indefinito sull’isola ad aver distrutto tutte le loro speranze per il futuro e devastato la loro salute mentale” dice Anna Morandi, coordinatrice MSF delle attività di promozione della salute sull’isola. “È disumano bloccare delle persone su un’isola, senza diritti, senza opportunità, senza poter ricevere cure per malattie gravi. È disumano essere costretti a pensare che l’unico modo per riavere la propria libertà sia morire.”