La fine del ghiacciaio del Calderone sugli Appennini, il più meridionale d’Europa, è avvenuta già quasi vent’anni fa, quando la sua massa ghiacciata si è spezzata in due: una parte superiore e una inferiore. Dall’inizio degli anni Duemila, quindi, non si può nemmeno più parlare di ghiacciaio ma di “glacionevato”: un accumulo di ghiaccio di ridotta superficie e di limitato spessore, dove anche se d’inverno nevica abbondantemente d’estate la fusione è così veloce che la massa ghiacciata si riduce comunque.
Legambiente ha voluto organizzare una veglia funebre anche qui, sul versante nordest del Gran Sasso, per rafforzare il messaggio sull’urgenza di agire per fermare il cambiamento climatico. «Abbiamo scelto di ritrovarci sul Calderone, un luogo carico di significato, perché rappresenta la grande fragilità di alcuni ecosistemi particolarmente esposti al riscaldamento globale», afferma Enrico Stagnini, presidente del circolo Legambiente de L’Aquila.
A differenza che sulle Alpi, per tutta la stagione calda il Calderone non raggiunge lo zero termico, cioè l’altitudine al di sopra della quale la temperatura dell’aria è inferiore a zero. Solo il fatto di essere all’ombra di alte pareti aveva permesso l’esistenza del ghiacciaio, ma ormai l’aumento della temperatura è tale che non è più possibile mantenere l’equilibrio del ghiacciaio, che è appunto diventato un glacionevato. Ha perso cioè la capacità di modellare il terreno che hanno i ghiacciai, grandi masse in movimento che come fiumi lentissimi disegnano il territorio.
Alla fine dello scorso inverno sul Calderone si era accumulata molta neve, fino a 7 metri, ma durante i mesi estivi è completamente sparita. «L’alternarsi di stagioni calde ad altre più fredde è normale, ma osservando i trend di lungo termine l’aumento della temperatura è inequivocabile – precisa Stagnini – e anche se purtroppo non ci sono molti studi sul ghiacciaio del Gran Sasso il confronto visivo con le foto storiche, dagli inizi del secolo scorso a oggi, non lascia dubbi sulla sua scomparsa».
Finora soltanto gli alpinisti si rendevano conto di questa perdita. Con il suo Requiem, Legambiente ha documentato ciò che resta del Calderone. Il video è disponibile su www.changeclimatechange.it e sul canale Youtube dell’associazione. Così chiunque può rendersi conto dello stravolgimento che sta vivendo anche l’Appennino.
Il Calderone è nudo
