È morto Virginio Bettini, ecologo, ecologista, parlamentare europeo verde, docente universitario a Venezia, giornalista, pacifista. Mi ha insegnato a coniugare ambientalismo e impegno sociale. Da giovane ricercatore universitario (“ecologia umana”, già allora, nel 1972) venne nel nostro liceo a Milano per tenere una lezione ad un gruppo di studio, mostrandoci diapositive dei pescatori giapponesi contaminati dal mercurio, le dispersioni di petrolio negli oceani, le foreste distrutte dal napalm in Vietnam, la pubblicità ingannevole della benzina al piombo e l’inquinamento da traffico nelle città. Il giorno dopo nacque tra gli studenti il “Movimento Ecologico” a Milano. Poi Seveso, le prime assemblee tra i contaminati, la conoscenza di Barry Commoner e il racconto del suo viaggio in Vietnam, in cui si ferì al piede a causa di una mina: quattro anni fa zoppicava un po’, i dolori della vecchia ferita erano tornati, anche se non ha mai smesso di frequentare i viaggi a piedi lungo i cammini d’Europa.
Insieme abbiamo fondato “La nuova ecologia” nel 1979 e coltivato l’impegno appassionato nella ricerca, nell’inchiesta sul campo, l’approfondimento delle fonti, la capacità e la passione di trasformare conoscenza e informazione ambientale in cambiamento, in lotta politica. Con intelligenza ma sempre di parte, dalla parte giusta, di chi subisce le conseguenze delle scelte di rapina, di chi viene sfruttato con la distruzione della terra. La capacità di coniugare ambiente e sociale, era intuizione e ricerca allora, è diventata scelta di vita, scienza dopo. Un padre, mio padre, nell’ambientalismo italiano. Con Giorgio Nebbia, suo e nostro grande amico. Nei Verdi per una stagione (Giorgio invece indipendente nel PCI), al fianco del pensiero marxista eterodosso, al fianco della chiesa dei poveri che denunciava, prima di Papa Francesco, lo sfruttamento dell’uomo e del creato. Lo ricordo nella prima Legambiente, a cui è rimasto saltuariamente iscritto sino a pochi anni fa. La lotta antinucleare, quella contro le centrali a carbone, le grandi opere senza seria valutazione d’impatto, i veleni impiegati senza controllo, il capitalismo di rapina. Grazie Virginio.