Grandi opere, Andrea Pillon: “Abbassare la soglia di spesa per confrontarsi anche sui piccoli impianti”

Dal mensile – Intervista al professore dell’Università di Torino alla cattedra “Luigi Bobbio” su governance e mediazione alternativa dei conflitti

Nell’Italia che si appresta a mettere nero su bianco gli investimenti che verranno effettuati con i fondi del Next generation Eu sono in tanti a invocare l’applicazione del “modello francese”. Abbiamo chiesto al professore Andrea Pillon, docente dell’Università di Torino alla cattedra “Luigi Bobbio” su governance e mediazione alternativa dei conflitti, se esistono i margini per importare questa esperienza.

Quanto siamo indietro rispetto alla Francia?

Andrea Pillon professore Università di Torino
Andrea Pillon

I francesi rispetto a noi hanno un vantaggio di tempo notevole. Dalla legge Barnier del 1995, quella che ha introdotto il dibattito pubblico, hanno accumulato più di vent’anni di esperienza e fatto decine e decine di consultazioni, sia su grandi opere che su minori. Sul sito della Commission nationale du débat public vengono aggiornati tutti i dibatti che stanno partendo, quelli in corso, quelli conclusi e i risultati che sono stati ottenuti. Ormai per loro è una prassi consolidata.

Come funziona il loro sistema?

Anche in Francia è prevista una soglia dimensionale rispetto alla quale viene stabilito se un’opera deve andare o meno a dibattito pubblico. Il proponente che deve realizzare l’opera, e che sa di rientrare in questa categoria, presenta la domanda alla Commissione nazionale. È quest’ultima a valutare poi se avviare o meno il dibattito pubblico e, una volta deciso, a gestirlo come organo indipendente. L’esperienza francese ha guidato anche il legislatore italiano nella strutturazione della legge sul dibattito pubblico, sia per ciò che concerne la procedura che per il modello di intervento. La differenza principale è che in Italia le opere al di sopra di una certa soglia devono obbligatoriamente attivare il dibattito pubblico. È per questo che diverse associazioni, tra cui anche Legambiente, chiedono di abbassarle in modo che vadano a dibattito anche impianti più piccoli che però spesso sono conflittuali, come quelli di recupero di energia da biomasse, per la cogenerazione o per l’uso di fonti rinnovabili.

In che modo questo strumento può essere utilizzato per garantire sostenibilità al nostro Pnrr?

Lo strumento potrà essere utilizzato una volta che il Pnrr verrà approvato in sede Ue. Da quel momento consentirà di valutare, di opera in opera, se ci sono i margini e le caratteristiche per avviare un dibattito pubblico. Ci saranno opere e progetti già definiti. Ma il Recovery plan prevedrà probabilmente anche interventi sui quali sarà possibile aprire una discussione pubblica per migliorarne la progettazione.

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