Giornata mondiale della Terra: nel mondo a rischio inquinamento il 64% dei terreni agricoli

Il 34% delle aree più colpite si trova in regioni ad alta biodiversità, il 5% in regioni con scarsità d’acqua e il 19% in nazioni a reddito medio-basso. I dati emergono da uno studio dell’Università di Sydney. L’appello di FederBio: “Serve l’adozione di un nuovo paradigma di produzione agroalimentare basato sulla transizione agroecologica”

Due terzi dei terreni agricoli mondiali – il 64%, circa 24,5 milioni di km quadrati – sono a rischio di inquinamento da pesticidi, mentre un terzo – il 31% – è ad alto rischio. Tra le aree ad alto rischio, circa il 34% si trova in regioni ad alta biodiversità, il 5% in aree con scarsità d’acqua e il 19% in nazioni a reddito medio-basso. I dati emergono da uno studio dell’Università di Sydney, pubblicato sulla rivista “Nature Geoscience”. Dall’indagine dei ricercatori è emerso che il rischio di inquinamento è causato da 92 sostanze chimiche comunemente utilizzate nei pesticidi agricoli (comprendenti 59 erbicidi, 21 insetticidi e 19 fungicidi), per il suolo, l’atmosfera, le acque superficiali e sotterranee in 168 Paesi, riscontrando che il 61,7% (circa 2,3 milioni di km2 ) dei terreni agricoli europei rientra tra quelli “ad alto rischio”.

Sono numeri che devono far riflettere, soprattutto oggi, 22 aprile, Giornata mondiale della Terra, ricorrenza giunta quest’anno alla sua 51esima edizione. Proprio in questa giornata è importante ricordare quanto sia importante tutelare la Terra e i suoi ecosistemi per contrastare la deriva climatica e proteggere la salute dell’uomo e dell’ambiente. E per farlo, come sottolinea FederBio, è fondamentale coltivare utilizzando solo sostanze di origine naturale, con il divieto di impiego di prodotti di sintesi chimica, mantenere la fertilità dei terreni e la conservazione della biodiversità, rappresentano elementi basilari dell’agricoltura biologica. Perché un terreno degradato riduce la capacità di mantenere e immagazzinare carbonio, contribuendo a favorire minacce globali come il cambiamento climatico.

Nell’Earth Day è importante ricordare quanto sia importante tutelare la Terra e i suoi ecosistemi per contrastare la deriva climatica e proteggere la salute dell’uomo e dell’ambiente. E per farlo è fondamentale coltivare utilizzando solo sostanze di origine naturale


“La crisi pandemica ha evidenziato la stretta relazione che c’è tra la salute della Terra e quella delle persone. L’agricoltura intensiva, la monocoltura, l’uso di diserbanti e concimi chimici di sintesi sono tra gli elementi che più impoveriscono il terreno. Siamo a un punto di svolta, non abbiamo più tempo. Serve l’adozione di un nuovo paradigma di produzione agroalimentare basato sulla transizione agroecologica, per preservare la fertilità della Terra”, spiega Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio. “Mentre per l’agricoltura convenzionale l’obiettivo è nutrire la pianta per l’aumento immediato delle rese, in agricoltura biologica l’obiettivo è nutrire la terra tutelandone la fertilità, gli ecosistemi e la biodiversità, per garantire cibo sano e nutriente e una stabilità di produzione in grado di rispondere alle esigenze del presente senza compromettere la possibilità di soddisfare i bisogni delle generazioni future. Inoltre, secondo i dati pubblicati dal Rodale Institute, il metodo di coltivazione biologico è in grado di contribuire significativamente alla mitigazione del cambiamento climatico, ad arginare la perdita di biodiversità e a salvaguardare l’ambiente”.

Amnesty International, nel 2020 milioni di persone vittime di eventi climatici estremi

Come emerge dal “Rapporto 2020-2021. La situazione dei diritti umani nel mondo”, a cura di Amnesty International, “nel 2020 milioni di persone hanno subìto gli effetti catastrofici di eventi climatici estremi. Calamità, aggravate dal riscaldamento globale e dall’instabilità climatica, hanno avuto un pesante impatto sul godimento di vari diritti, tra cui quelli alla vita, al cibo, alla salute, all’alloggio, all’acqua e agli impianti igienici, per milioni di persone: dalla siccità prolungata in Africa Subsahariana e India, fino alle devastanti tempeste tropicali in tutto il sud-est asiatico, nei Caraibi, in Africa meridionale e nel Pacifico, fino agli incendi catastrofici che hanno colpito California e Australia”. “Qual è stata la risposta?” si chiede la ong. “L’impegno preso dai paesi sviluppati, secondo gli Accordi di Parigi, di garantire almeno il valore di 100 miliardi di dollari Usa di finanziamenti per il clima per i paesi in via di sviluppo entro il 2020 non è stato rispettato. Ed è significativo che gli stati non si siano assunti gli impegni necessari per raggiungere l’obiettivo di riduzione globale delle emissioni di gas serra della metà entro il 2030. Ovviamente serve un cambiamento drastico per evitare un innalzamento della temperatura globale di più di 1,5 gradi sopra i livelli pre-industriali, che innescherebbe conseguenze irreversibili”.

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