Oceani a rischio, nel 2050 il peso della plastica nelle acque supererà quello dei pesci

Per la Giornata mondiale degli Oceani dell’8 giugno Legambiente presenta i dati della 28esima edizione di Clean Up The Med. Dieci tonnellate di rifiuti raccolti da 16 Paesi diversi. Oltre il 90% è costituito da plastica

L’8 giugno si celebra la Giornata mondiale degli Oceani. In occasione della ricorrenza istituita dall’Onu e quest’anno dedicata al tema “Vita e Sopravvivenza”, Legambiente restituisce i dati rilevati durante la 28esima edizione di Clean Up The Med, campagna di Legambiente per la riduzione dei rifiuti marini che si è svolta nei weekend del 14 e del 28 maggio coinvolgendo associazioni, università, comuni, enti pubblici, scuole e cittadini. Una delle più importanti iniziative di volontariato del Mar Mediterraneo, promossa da Common (COastal Management and MOnitoring Network for tackling marine litter in Mediterranean sea), progetto europeo finanziato da Eni Cbc Med e coordinato da Legambiente che coinvolge Italia, Libano e Tunisia con l’obiettivo di tutelare le coste del Mediterraneo dal marine litter attraverso una gestione sostenibile.

Oceani a rischio

Nonostante ricoprano i due terzi del nostro Pianeta, producano più della metà dell’ossigeno che respiriamo e dal loro stato di salute dipende la nostra sopravvivenza, gli oceani e il preziosissimo ecosistema che custodiscono sono in pericolo: se gli attuali trend d’inquinamento non verranno modificati, nel 2050 il peso della plastica presente nelle nostre acque supererà quello dei pesci. Un’emergenza che tocca profondamente anche il nostro mare, il Mediterraneo, che raccoglie grandi quantitativi di plastica e li restituisce in parte su coste e spiagge.

Clean Up The Med, i numeri della campagna

A Clean Up The Med 2021 hanno aderito più di 80 organizzazioni, provenienti da 16 Paesi diversi: Italia, Francia, Spagna, Algeria, Libano, Tunisia, Egitto, Palestina, Croazia, Cipro, Marocco, Malta, Turchia, Libia, Grecia e Monaco. I chilometri di spiaggia ripulita dai rifiuti mostrano come il problema dell’incuria e del cattivo smaltimento accomuni tutta l’area mediterranea: alle plastiche monouso, ubiquitarie e ritrovate in gran quantitativi sulle coste battute, si aggiungono reti da pesca, cicche di sigaretta, legno e vetro. Non mancano guanti, mascherine e dispositivi sanitari legati all’emergenza COVID-19.

Complessivamente, oltre 1.500 volontari, dagli 8 ai 70 anni hanno partecipato alle attività di pulizia svolte principalmente in 34 spiagge situate in prossimità dei centri urbani e hanno portato alla raccolta di 630 sacchi di rifiuti, circa 10 tonnellate in totale. Oltre il 90% dei rifiuti rinvenuti è costituito da plastica: primi fra tutti, bottiglie e bottigliette, seguite da tappi, bicchieri e frammenti eterogenei. In oltre il 60% delle spiagge ripulite sono stati ritrovati guanti, mascherine o rifiuti legati alla cattiva gestione dei DPI (in Libano e Tunisia in quantitativo maggiore, ma presenti anche in Algeria, Croazia, Grecia, Italia e Spagna).

Oltre 1.500 volontari, dagli 8 ai 70 anni, hanno partecipato alle attività di pulizia svolte principalmente in 34 spiagge situate in prossimità dei centri urbani e hanno portato alla raccolta di 630 sacchi di rifiuti, circa 10 tonnellate in totale. Oltre il 90% dei rifiuti rinvenuti è costituito da plastica: primi fra tutti, bottiglie e bottigliette, seguite da tappi, bicchieri e frammenti eterogenei

I monitoraggi di beach litter

Ai monitoraggi della campagna Clean up the Med si aggiungono i monitoraggi di beach litter effettuati su sette spiagge mediterranee “da sogno”: Isole Baleari (Menorca), Creta (Skaleta), Istria (Labin), Salento (Lecce e Taranto), Cirenaica (Apollonia) ed Epiro (Parga), luoghi ambiti dai turisti che però nascondono un consistente quantitativo di rifiuti, ben 335 ogni 100 metri lineari, dei quali l’87% costituito da plastica. Nella top five dei rifiuti più trovati cotton fioc, tappi, reti da pesca, bottiglie di plastica e mozziconi di sigaretta.

“I dati rilevati nell’ultima edizione di Clean up The Med ci raccontano ancora una volta di un ecosistema in sofferenza e soffocato dalla plastica, dall’Italia all’Algeria, dalla Spagna alla Palestina. C’è l’urgenza assoluta di adottare politiche comuni a tutte le coste del Mediterraneo nella gestione dei rifiuti, sia nella loro produzione che nel loro smaltimento”, commenta Giorgio Zampetti, direttore di Legambiente. “A livello europeo la direttiva SUP, per ridurre il monouso in plastica, e a livello nazionale, il decreto legislativo per il suo recepimento rappresentano un traguardo importante. Speriamo che quest’ultimo si concretizzi entro il termine stabilito al 3 luglio senza prevedere proroghe, e adottando alcuni miglioramenti, soprattutto per quanto riguarda la deroga alle plastiche compostabili. Ma per mettere in atto una vera e propria rivoluzione contro il marine litter occorrerà estendere il bando dell’usa e getta a tutti i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, unito a norme più stringenti anche sugli altri rifiuti più comuni che si trovano sulle spiagge”.

L’impegno del progetto Common per tutelare l’ecosistema marino e ridurre il marine litter proseguirà per tutta l’estate con la seconda edizione della campagna BEach CLEAN, iniziativa volta a promuovere stabilimenti balneari sostenibili e inclusivi, luoghi che in vista della stagione estiva possano incoraggiare il rispetto dell’ambiente e garantire a turisti e visitatori l’opportunità di vivere la spiaggia in modo responsabile.

Le strutture aderenti, oltre all’affissione di un decalogo informativo sul corretto smaltimento dei rifiuti, sono chiamate a partecipare a un’indagine finalizzata a conoscere e analizzare le condizioni di salute delle spiagge di loro competenza. Dall’indagine effettuata lo scorso anno nelle cento strutture coinvolte – appartenenti ai tre Paesi partners del progetto Common: Italia, Libano e Tunisia – emerge anche in questo caso come il materiale più presente sulle spiagge analizzate sia la plastica, che costituisce l’81% dei rifiuti trovati sulle spiagge tunisine, il 56% di quelli delle spiagge libanesi e l’80% dei rifiuti osservati nelle spiagge italiane. Gli operatori balneari coinvolti, inoltre, identificano la cattiva gestione dei rifiuti urbani come una tra le cause principali del problema, seguita dalla mancanza di informazioni per i turisti, che non sanno come smaltire adeguatamente i rifiuti. Gli italiani aggiungono alle cause l’incuria dei cittadini, mentre i libanesi lamentano l’assenza di leggi, di regolamenti e di sorveglianza sugli inquinatori.

“Non dobbiamo dimenticare che anche noi possiamo contribuire alla riduzione del consumo della plastica usa e getta con i nostri comportamenti quotidiani, e che la tutela dei nostri mari è anche nelle nostre mani. Basti pensare che durante la stagione estiva, le località che subiscono un afflusso turistico notevolmente elevato vedono aumentare la percentuale dei rifiuti spiaggiati di oltre il 40%”, conclude Zampetti. “Con le campagne promosse dal progetto COMMON stiamo rafforzando azioni di sensibilizzazione locali di valore, mirate a informare cittadini e a migliorare il nostro rapporto con l’ecosistema marino”.

Le iniziative per la Giornata mondiale degli oceani

Durante la giornata di domani, inoltre, Legambiente, CIHEAM Bari e ARPA Puglia organizzano, nella sede della Lega Navale nel Porto Museo di Tricase (Le), l’incontro nazionale “Verso il network delle città costiere per contrastare i rifiuti marini nel Mediterraneo”: una tavola rotonda tra le comunità costiere con l’obiettivo di costituire una rete tra i territori per individuare soluzioni concrete e strategie condivise per la riduzione del marine litter. L’evento vedrà tra gli altri la partecipazione della Direzione generale per il Mare e le Coste (Mac) del ministero della Transizione ecologica.

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