Il Consiglio di Stato ha definitivamente sancito che la multinazionale Edison, in quanto responsabile di inquinamento ambientale, e in virtù del principio “chi inquina paga”, deve provvedere alla bonifica dei due siti più inquinati della cosiddetta discarica dei veleni di Bussi sul Tirino (Pescara). Si chiarisce così l’annoso contenzioso che ha visto la Edison contro Provincia di Pescara, Comune di Bussi, Ministero dell’Ambiente e Regione Abruzzo. La sentenza è stata pubblicata oggi e prevede un intervento milionario, in particolare nelle aree 2A e 2B: dalla partita rimane fuori la discarica Tre Monti che si trova sotto i viadotti autostradali. Questa bonifica non graverà sui cittadini e quel che rimane dei 50 milioni, inizialmente stanziati dal pubblico, potrà essere utilizzato su altri interventi di cui quel sito necessita, dalla bonifica della Tre Monti ferma lì con tutte le sue gravi criticità al vecchio polo industriale.
“Questa sentenza – dichiara Giuseppe Di Marco, presidente legambiente Abruzzo – fa breccia come un raggio di sole primaverile in questo particolare momento di emergenza sanitaria che ci sta riportando con forza a rivedere le nostre azioni e ripensare i nostri modelli economici e sociali nell’ottica di un riequilibrio sempre più urgente e necessario del rapporto fra attività umana e ambiente. Ed è un passo importante verso la bonifica totale di quelle aree”.
“La sentenza di Bussi – aggiunge Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – sancisce giustamente il principio comunitario “chi inquina paga” troppe volte calpestato nella storia italiana. Per chi come noi da 40 anni opera sul territorio nazionale, non solo nei tribunali, “in nome del popolo inquinato” è una bella notizia in un periodo storico difficile. Dopo aver ottenuto nel 2015 l’approvazione della legge sugli ecoreati che ha inserito i reati ambientali nel codice penale, grazie a 21 anni di lavoro associativo, e dopo essere riusciti a far chiudere cicli produttivi inquinanti in tante aree industriali, non è ancora finito il lavoro. È fondamentale, a Bussi come negli altri siti di interesse nazionale o regionale, procedere velocemente al risanamento delle aree inquinate. Sarebbe un atto di giustizia per territori maltrattati da un’industria senza scrupoli e di ripartenza anche sotto il punto di vista occupazionale grazie alle attività di bonifica. Continueremo a dare il nostro contributo in questa direzione”.
Cristina Gerardis (avvocato dello Stato in difesa del Ministero dell’Ambiente e della Regione Abruzzo) ha dichiarato: “Spero che dopo questa sentenza, che ha definito con mirabile chiarezza ogni questione, non si debba più sentire, in alcuna sede giudiziaria, che all’epoca dei fatti era lecito seppellire rifiuti pericolosi sotto terra o buttarli a tonnellate nei fiumi, come “scusa” per non intervenire sulle aree contaminate di Bussi”
A lei si aggiunge il sindaco di Bussi, Salvatore Lagatta: “Ora il Ministero firmi subito il contratto con la società che si è aggiudicata la gara per la bonifica delle due discariche della ex Montedison: se prima poteva esserci il pericolo di una rivalsa della Edison, ora con questa sentenza tutto viene a cadere. Quindi il Ministero dell’Ambiente faccia il contratto e si parta con i lavori».
Bussi sul Tirino è stata sede di industrie chimiche per diversi decenni del Novecento. In particolare, il colosso della chimica Edison (ex Montedison) di Bussi sul Tirino è ritenuto responsabile di aver sotterrato nella zona sostanze nocive e per lo più cancerogene, tra cui cloroformio, esacloroetano, tetracloruro di carbonio, tetracloroetano, tricloroetilene, idrocarburi policiclici aromatici, frammiste a terreni inquinati (secondo quanto riportato da analisi di laboratorio effettuate dall’ARTA Abruzzo). I rifiuti interrati confluivano anche nel vicino fiume Tirino, importante affluente del Pescara, e nei vicini pozzi dell’acqua potabile che rifornivano d’acqua tutta la Valpescara. Nonostante l’inquinamento dal polo chimico di Bussi sul Tirino sia stato evidenziato già dalle prime analisi sulle acque all’inizio degli anni Settanta, è stato tuttavia ignorato per i successivi trent’anni. Solo nel 2007 il Corpo forestale dello Stato ha scoperto e messo i sigilli a quella che poi è stata definita la discarica dei veleni più grande d’Europa.