La paura del Coronavirus è arrivata anche nelle tribù indigene dell’Amazzonia. Giovedì, in seguito a una settimana di terapia intensiva nella città di Boa Vista, è morto Alvanei Xirixana, un giovane Yanomami di soli 15 anni. A darne l’annuncio è il Ministero della Salute brasiliano, che si dichiara preoccupato per le popolazioni indigene.
Alvanei viveva a Rehebe, tra lo stato brasiliano di Roraima e il Venezuela, una delle aree più remote del bacino amazzonico. Lì non ci sono strutture sanitarie locali attrezzate per fronteggiare l’urgenza, e le comunità indigene, che vivono a stretto contatto, potrebbero subire gravissimi danni. Proprio in quell’area, si trovano diversi accampamenti minerari sfruttati dai garimpeiros, cercatori d’oro e di metalli preziosi, per entrare illegalmente in territorio amazzonico.
Sebbene non sia chiaro come sia stato contagiato il ragazzo, si ipotizza che possa aver contratto il virus prorio da qualcuno dei circa 20.000 garimpeiros, che entrano ed escono dalla zona senza alcun controllo. Si tratta di uno dei primi casi accertati, ma secondo l’agenzia di stampa ufficiale Agência Brasil, le autorità sanitarie brasiliane hanno finora individuato 24 casi sospetti di Coronavirus tra gli 850mila indigeni del Paese.
Le autorità locali fanno sapere che per i circa 38mila Yanomami che vivono per lo più nelle zone di confine fra nord del Brasile e sud del Venezuela, la morte del giovane 15enne potrebbe rivelarsi come l’inizio di una possibile strage, da scongiurare con qualsiasi mezzo. Intanto, il Brasile registra più di 20.727 casi confermati e 1124 morti.
“Gli indigeni convivono con le epidemie portate dall’uomo bianco fin dal XVI secolo”, ha scritto questa settimana l’editorialista Bernardo Mello Franco sul quotidiano brasiliano O Globo. “Ora, con l’arrivo del Coronavirus, la minaccia è tornata”.