Consumo di suolo, in Italia nel 2019 persi altri 57 km2 di territorio

Consumo suolo Roma
Serie storica del consumo di suolo a Roma, zona Colle Salario, negli ultimi 20 anni. Ispra: immagini del 2000, 2018 e 2020.

Nel 2019 in Italia sono stati persi 57 km2 di territorio al ritmo di 2 m2 al secondo. Per ogni bambino che nasce sono già “pronti per l’uso” 135 mq di cemento. Buone notizie, invece, dalla Valle D’Aosta, la prima regione italiana vicina all’obiettivo “Consumo di suolo 0”. I dati emergono dal Rapporto Ispra Snpa “Il consumo di suolo in Italia 2020”, presentati oggi in diretta live dalla Residenza di Ripetta a Roma. Il lavoro, che analizza le trasformazioni del suolo negli anni, in questa edizione si arricchisce di contributi provenienti da 12 Osservatori delle Regioni e Province autonome, anche grazie al progetto Soil4Life.

Spreco di suolo e degrado del territorio

Lo spreco di suolo continua ad avanzare nelle aree a rischio idrogeologico e sismico e tra le città italiane. La Sicilia è la regione con la crescita percentuale più alta nelle aree a pericolosità idraulica media. Mentre, come detto, la Valle d’Aosta, con solo 3 ettari di territorio impermeabilizzato nell’ultimo anno, è la prima regione italiana vicina all’obiettivo “Consumo di suolo 0” e si dimezza la quantità di suolo perso in un anno all’interno delle aree protette. Su quasi un terzo del Paese aumenta dal 2012 ad oggi anche il degrado del territorio dovuto anche ad altri cambiamenti di uso del suolo, alla perdita di produttività e di carbonio organico, all’erosione, alla frammentazione e al deterioramento degli habitat, con la conseguente perdita di servizi ecosistemici.

Consumo di suolo e crescita demografica

Il rapporto conferma dunque che non c’è un legame quindi tra popolazione e nuovo cemento e si continua ad assistere alla crescita delle superfici artificiali anche in presenza di stabilizzazione, in molti casi addirittura di decrescita, della popolazione. Nel 2019 i 57 milioni di metri quadrati di nuovi cantieri e costruzioni si registrano in un Paese che vede un calo di oltre 120mila abitanti nello stesso periodo. Ognuno di questi ha oggi a “disposizione” 355 m2 di superfici costruite (erano 351 nel 2017 e 353 nel 2018).

Aree a rischio idrogeologico e sismico

La copertura artificiale avanza anche nelle zone più a rischio del Paese: nel 2019 risulta ormai sigillato il 10% delle aree a pericolosità idraulica media P2 (con tempo di ritorno tra 100 e 200 anni) e quasi il 7% di quelle classificate a pericolosità elevata P3 (con tempo di ritorno tra 20 e 50 anni). La Liguria è la regione con il valore più alto di suolo impermeabilizzato in aree a pericolosità idraulica (quasi il 30%). Il cemento ricopre anche il 4% delle zone a rischio frana, il 7% di quelle a pericolosità sismica alta e oltre il 4% di quelle a pericolosità molto alta.

I trend di Regioni e Comuni

Il Veneto, con +785 ettari, è la regione che nel 2019 consuma più suolo (anche se meno del 2017 e del 2018), seguita da Lombardia (+642 ettari), Puglia (+625), Sicilia (+611) ed Emilia-Romagna (+404). A livello comunale, Roma, con un incremento di suolo artificiale di 108 ettari, si conferma il comune italiano con la maggiore quantità di territorio trasformato in un anno (arrivando a 500 ettari dal 2012 ad oggi), seguito da Uta (Cagliari; +58 ettari in un anno) e Catania (+48 ettari). Va meglio a Milano, Firenze e Napoli, con un consumo inferiore all’ettaro negli ultimi 12 mesi (+125 ettari negli ultimi 7 anni a Milano, +16 a Firenze e +24 a Napoli nello stesso periodo). Torino, dopo la decrescita del 2018, non riesce a confermare il trend positivo e nell’anno di riferimento, riprende a costruire, perdendo 5 ettari di suolo naturale.

Aree protette

Buone le notizie provenienti dalle aree protette: nel 2019 sono 61,5 gli ettari di suolo compromesso, valore dimezzato rispetto all’anno precedente, dei quali 14,7 concentrati nel Lazio e 10,3 in Abruzzo. Pur non arrestandosi nel complesso, il consumo di suolo all’interno di queste aree, risulta decisamente inferiore alla media nazionale. Al contrario, lungo le coste, già cementificate per quasi un quarto della loro superficie, il consumo di suolo cresce con un’intensità 2-3 volte maggiore rispetto a quello che avviene nel resto del territorio.

Perdita di produzione agricola e danni economici

In soli 7 anni, tra il 2012 e il 2019, la perdita dovuta al consumo di suolo in termini di produzione agricola complessiva, stimata insieme al CREA, raggiunge i 3.700.000 quintali; nel dettaglio 2 milioni e mezzo di quintali di prodotti da seminativi, seguiti dalle foraggere (-710.000 quintali), dai frutteti (-266.000), dai vigneti (-200.000) e dagli oliveti (-90.000). Il danno economico stimato è di quasi 7 miliardi di euro, che salirebbe a 7 miliardi e 800 milioni se tutte le aree agricole fossero coltivate ad agricoltura biologica.

La situazione a Roma e nel Lazio

Record negativo per Roma. Durante il 2019 nella capitale sono stati consumati 108 ettari di suolo, una superficie pari a 200 campi da calcio, erano 91 nell’anno precedente; più del doppio di Catania che con 48 ettari è la seconda grande città tra quelle con più di 100 mila abitanti, e quasi come la somma di tutti gli altri capoluoghi di regione (128 ettari consumati nei 19 capoluoghi di Regione Roma esclusa). Analizzando la serie storica emerge un altro dato romano preoccupante: dal 2012 a oggi, 515,67 ettari (pari a 1.000 campi da calcio) sono stati artificializzati.

“A Roma un altro sconfortante record negativo sul consumo di suolo, con più di cento ettari divorati da asfalto e cemento nell’ultimo anno, in una città che, poco per volta e ininterrottamente si mangia il territorio – commenta Roberto Scacchi presidente di Legambiente Lazio -. Dati ancor più allucinanti se si pensa alla crisi del settore immobiliare e di fronte a un continuo saldo demografico negativo. Responsabile della nuova galoppante edilizia è la logistica, non solo a Roma, con i suoi immensi hangar che nascono in un batter d’occhio, impermeabilizzando interi quadranti verdi e modificando il paesaggio con una velocità impressionante. Ma responsabile è anche la politica urbanistica dell’amministrazione che, con il suo assordante silenzio lo permette senza mettere un freno ai nuovi diluvi di cemento, e senza alcun piano di rigenerazione per sostituire l’edilizia industriale abbandonata da decenni e in grado di deturpare, da sola, interi quadranti cittadini. La causa del consumo di suolo record di Roma, sta infatti in centinaia di micro interventi diffusi e in grandi interventi nei Municipi IX, XI e XV, come nei quartieri di Colle Salario, Laurentina, Colle Prenestino e Settecamini: i grandi interventi sono quasi esclusivamente riconducibili alle strutture della logistica che, con enormi hangar di velocissima costruzione, continua a dilagare. Mentre il Campidoglio discute della follia di costruire a Tor di Valle in piena area di esondazione, un nuovo quartiere di uffici e uno stadio, Roma viene riempita di nuovo cemento – conclude Scacchi -. C’è invece la necessità, per la sicurezza idrogeologica, di invertire il trend, non solo fermando l’impermeabilizzazione ma anche facendo opere di “desigillatura” di superfici inutilmente lastricate, da restituire a verde magari fruibile e di qualità: è così che si adatta il territorio al clima che cambia e che si costruisce una capitale più resiliente”.

Su scala regionale nel Lazio durante il 2019 sono 288 gli ettari complessivi consumati, sui quali quelli romani hanno pesato per il 38% del totale, concentrati diffusamente nella cintura metropolitana. Gli altri comuni laziali ad aver consumato maggiormente il proprio suolo sono Civita Castellana, Fara in Sabina, Fiumicino e Aprilia con cambiamenti superiori ai 10 ha.

Il progetto Soil4life

Dimostrare quanto sia urgente porre un freno al degrado e al consumo del suolo è anche l’obiettivo del progetto europeo Soil4life, di cui Legambiente è capofila e che vede tra i partner, oltre a Ispra anche il Politecnico di Milano, il Comune di Roma, Cia, Crea e due associazioni di volontariato francese e croata. “Il consumo di suolo continua a tenere banco, quale forma di degrado che si somma a tutte quelle che già affliggono i suoli nel nostro paese, da Nord a Sud: erosione, inquinamento industriale e agricolo, perdita di fertilità e sostanza organica, desertificazione. Stiamo assistendo alla dilapidazione del nostro più grande capitale naturale, senza disporre di alcuno strumento legislativo che lo tuteli. Occorre una legge nazionale che tuteli il suolo attraverso la rigenerazione di aree dismesse, anche per non essere esposti a rischi e calamità legati al dissesto idrogeologico”, dichiara Damiano Di Simine, responsabile scientifico del progetto Soil4life per Legambiente.

Il caso di Roma, portato alla luce dall’indagine di ISPRA, è allarmante. Con il progetto Soil4life è stata realizzata una Carta delle permeabilità per riportare all’attenzione il tema della rigenerazione urbana. Si sta inoltre lavorando alla redazione di Linee Guida progettuali finalizzate ad aumentare la permeabilità del suolo negli interventi edilizi e, soprattutto, alla predisposizione di un piano comunale per la permeabilità che dovrà essere adottato da Roma Capitale come atto di indirizzo per il nuovo Regolamento Edilizio. “Per noi questo dato fortemente negativo rappresenta una sfida – conclude Damiano Di Simine , responsabile scientifico del progetto europeo Soil4life – vogliamo che Roma entri in una stagione di rigenerazione del suo tessuto urbano. Insieme ad ISPRA, al Politecnico di Milano ed all’amministrazione comunale, abbiamo intrapreso una azione orientata a fermare l’impermeabilizzazione e il consumo di nuovo suolo nell’ambito del progetto Soil4life. “Siamo fortemente motivati a fare la nostra parte affiancando l’istituzione, ma siamo anche consapevoli che non basterà, senza una mobilitazione dell’intera amministrazione capitolina che ponga il consumo di suolo in cima alle sue priorità”.

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER 

SOSTIENI IL MENSILE 

Articoli correlati

SEGUICI SUI SOCIAL

GLI ULTIMI ARTICOLI

Gli ultimi articoli