Il lungo periodo di lockdown ha portato a una diminuzione dei livelli di inquinamento atmosferico. Segno che invertire il trend è possibile, anche quando l’emergenza sanitaria sarà finita
Il 2020 che si sta per concludere ci lascia in eredità una sfida importante e una opportunità per gli anni a venire. La sfida riguarderà tutte le persone che dovranno rimboccarsi le maniche per ricostruire una nuova società, una nuova economia e un nuovo ambiente da cui ripartire; l’opportunità starà nel farlo correggendo gli errori del passato. Una delle sfide a cui saremo chiamati riguarderà la lotta all’inquinamento atmosferico. Le evidenze scientifiche maturate quest’anno hanno prepotentemente messo a nudo la fragilità della salute di una società esposta cronicamente all’inquinamento atmosferico e di come questa vulnerabilità abbia permesso al virus di trovare un terreno fertile dove causare maggiori danni e, purtroppo, vittime.
Secondo i dati pubblicati dall’Agenzia Ambientale Europea (Eea) nel report “Air Quality in Europe 2020”, in Italia nel 2018 sono state 52mila le morti premature riconducibili all’inquinamento atmosferico per le sole polveri sottili, in linea con i dati degli anni precedenti. Una cifra drammaticamente vicina a quella registrata nel 2020 per il solo Covid-19 che ci fa capire come anche prima della pandemia abbiamo pagato un prezzo eccessivo, in termini di morti premature, senza rendercene conto. Anzi con l’aggravante che spesso il decisore politico in questi anni ha voluto ignorare volutamente il dato – che comporta anche un rilevante impatto economico e sociale esattamente come il virus – per paura di prendere delle decisioni nette e magari impopolari poco utili al proprio tornaconto elettorale.
Ora che il conto si è presentato in altra forma, queste decisioni non sono più procrastinabili. Anche in questo caso la pandemia ci ha mostrato una strada da seguire per ripartire nella maniera corretta. Infatti, le misure di blocco introdotte dalla maggior parte degli Stati europei per contrastare la trasmissione del Covid-19 la scorsa primavera, hanno portato a riduzioni significative delle emissioni degli inquinanti atmosferici, in particolare dovute al trasporto stradale, aereo e dal traffico internazionale. Ad esempio, le concentrazioni di biossido di azoto (NO2) sono state notevolmente ridotte nell’aprile 2020 – indipendentemente dalle condizioni meteorologiche – fino al 60 % in alcuni casi. Quelle del Pm10 (particolato con un diametro di 10 μm o meno) hanno raggiunto il 30% in alcuni Paesi o specifiche città. Durante il primo lockdown del 2020 abbiamo visto forzatamente come potrebbe essere l’aria che respiriamo, ora starà a noi scegliere che aria far respirare ai nostri figli.