Lo Stato non avrebbe fatto abbastanza per diminuire le emissioni di CO2. L'”Affaire du siècle”, una sentenza storica dopo una battaglia durata due anni e sostenuta da oltre 2 milioni di cittadini
Una vittoria epocale. Lo Stato francese è stato condannato per “inazione climatica” dal Tribunale Amministrativo di Parigi, che ha emesso la sua sentenza due anni dopo l’incredibile mobilitazione scatenata dal cosiddetto “Caso del secolo”. La multa è simbolica (1 euro), ma ha un valore inestimabile.
Svolta per la lotta alla crisi climatica
Nel dicembre del 2018, infatti, quattro Ong (Oxfam, Greenpeace, Notre Affaire à Tous e la Nicolas Hulot Foundation) avevano accusato lo Stato francese di non aver diminuito le emissioni di CO2 come era necessario per rispettare gli Accordi globali sul clima firmati a Parigi nel 2015. Da quel momento, è iniziata una battaglia legale sostenuta da oltre 2,3 milioni di persone che hanno firmato la petizione “Affaire du siècle” (il Caso del secolo), lanciata on line, la più partecipata della storia della Francia e sostenuta da artisti e volti noti al pubblico, tra cui Marion Cotillard. Grazie a questa storica sentenza, da oggi le vittime dirette del cambiamento climatico potranno chiedere un risarcimento alla nazione, e si prevede che lo Stato francese dovrà affrontare una pressione senza precedenti per agire finalmente in maniera attiva contro la crisi climatica. Il Tribunale dovrà ancora decidere se ordinare allo Stato di prendere ulteriori misure per ridurre le sue emissioni di gas serra e rispettare i suoi impegni climatici. Su questo ci sono nuove indagini in corso e si attende una nuova udienza in primavera. Ma, per ora, la giustizia ha riconosciuto le responsabilità di uno Stato sulla questione clima, giudicandola illegale, ed è una svolta che segna anche un importante progresso nel diritto internazionale.
VICTOIRE pour le climat dans #LAffaireDuSiecle !!!
L’inaction climatique de l’Etat est jugée illégale 🎉
Et nous ne sommes pas les seul·es à nous réjouir ⬇️ pic.twitter.com/yZEXdC8hjM— Greenpeace France (@greenpeacefr) February 3, 2021
La storia di Ella, morta “per inquinamento”
Lo scorso dicembre, anche il Regno Unito aveva riconosciuto l’inquinamento atmosferico come una delle cause della morte di una bambina di nove anni, Ella Kissi-Debrah, morta nel febbraio 2013 per una grave forma di asma, dopo numerose crisi e circa 30 ingressi in ospedale. Secondo le dichiarazioni del medico legale Philip Barlow, Ella è morta di asma, aggravata però dall’esposizione a un eccessivo inquinamento dell’aria e a livelli di biossido di azoto che a Lewisham, dove viveva, erano molto elevati, superiori ai limiti imposti sia a livello europeo che nazionale. Anche i livelli di particolato atmosferico, secondo Barlow, erano superiori alle linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Questa sentenza è stata la prima nel suo genere e ha rappresentato un impulso a livello internazionale affinché i governi affrontino con serietà la questione dell’inquinamento atmosferico.