Profuga etiope, gestiva un allevamento di capre in Trentino. Nel 2019 è stata finalista al Premio Luisa Minazzi – Ambientalista dell’anno e nel 2020 Legambiente le ha assegnato la “bandiera verde”, vessillo simbolo di sostenibilità sull’arco alpino. Arrestato un suo dipendente, che ha confessato di averla uccisa con un martello. Il ricordo del comitato organizzatore del Premio
Agitu Gudeta, la profuga etiope che in Trentino gestiva un allevamento di capre è stata trovata morta nella sua abitazione. Sul corpo della donna di 42 anni sono state trovate alcune ferite. In passato la donna aveva denunciato episodi di razzismo, e il suo impegno è sempre stato un esempio positivo, infatti nel 2019 è stata candidata al premio “Luisa Minazzi – Ambientalista dell’anno”. Ad ucciderla sarebbe stato un suo dipendente di origine ghanese. È quanto emerso dall’interrogatorio dell’uomo arrestato dai carabinieri della compagnia di Borgo Valsugana, che hanno trovato anche l’arma del delitto: un martello.
Agitu Ideo Gudeta alcuni anni fa aveva recuperato un terreno in abbandono e aveva deciso di allevare un gregge delle capre Mochena, altrimenti destinate all’estinzione. Arrivata in Italia a 18 anni per studiare Sociologia all’università di Trento, era tornata in Etiopia da dove fuggì nel 2010 per le minacce di arresto da parte del governo visto il suo impegno contro il fenomeno del “land grabbing”, l’accaparramento di terre da parte di multinazionali a danno degli agricoltori locali. Agitu Gudeta si era ricostruita una vita avviando un’impresa chiamata “La capra felice” che produce formaggi a Frassilongo (Tn), nella valle dei Mocheni.
“Ricordiamo, con profondo dolore e tristezza, Agitu Ideo Gudeta: la pastora e casara etiope, residente a Frassilongo, in Trentino, violentata e barbaramente uccisa da un suo collaboratore al termine di una lite, come le indagini hanno rivelato, legata a motivi d’interesse – scrive il comitato del Premio Luisa Minazzi – Agitu Ideo Gudeta, laureata in sociologia all’Università di Trento, nel 2019 era stata fra gli otto destinatari del premio Luisa Minazzi – Ambientalista dell’anno. Il riconoscimento le era stato conferito per il suo impegno, nel paese d’origine, contro il fenomeno del land grabbing, una battaglia che l’aveva costretta a rifugiarsi in Italia, nel 2010, dopo le minacce ricevute dal governo. E poi per la lungimiranza, la visione d’impresa e la tenacia, anche a fronte degli episodi discriminatori che aveva subito, con cui gestiva “La capra felice”: l’azienda casearia e cosmetica che aveva fondato nella Valle dei Mòcheni, allevando la varietà ovina del posto nel segno della sostenibilità e dell’eccellenza, il progetto al quale si dedicava con spirito innovativo e amore verso gli animali del suo gregge (alla cerimonia di premiazione aveva deciso all’ultimo momento di partecipare in remoto proprio per non allontanarsi dall’attività). Il primo gennaio 2021 avrebbe compiuto 43 anni, un atto brutale, un femminicidio ha messo fine alla sua vita coraggiosa”.
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