Senza muri

Marc Lozano_ Flickr

Sconfiggiamo la logica dei muri”. “No al vento dell’intolleranza”. “Il colore della pelle non deve alimentare nuove discriminazioni”. Saranno questi, tra gli altri, gli slogan che diventeranno la voce di Milano il 20 maggio, quando le strade attorno al Duomo saranno attraversate da quella che si annuncia, nelle aspettative degli organizzatori, come una grande marcia a sostegno dell’accoglienza dei profughi nel nostro Paese (www.20maggiosenzamuri.it). Raccogliendo il “testimone” dell’iniziativa di successo organizzata a Barcellona (vedi pag. 43), dal basso e con risultati sorprendenti. A diventare la voce del popolo migrante in Italia sarà proprio la città che da ottobre 2013, l’inizio dell’ennesima emergenza degli arrivi, ha aiutato 122mila profughi e che attualmente sul suo territorio ne sta ospitando 3.600, fra nove centri comunali, strutture della prefettura, hub e ospitalità in famiglia. «Milano è un esempio per il Paese – afferma Rossella Muroni, presidente nazionale di Legambiente – È una città che ha sentito il tema della migrazione sulla sua pelle, così come ha subìto la poca disponibilità del governo ad agire in modo coordinato sul tema dei migranti». Il modello meneghino, insomma, funziona, anche se non potrà continuare a reggere da solo gran parte dell’accoglienza del Paese.
La grande marcia, intitolata “Insieme senza muri”, non sarà, anche per queste ragioni, solo un momento in cui raccontare la ricchezza di una città multietnica ma anche l’occasione in cui per chiedere al governo Gentiloni di rispettare gli impegni presi per l’accoglienza. «Questa manifestazione non vuole sancire che il capoluogo lombardo debba essere la sola città capace di ospitare rifugiati – continua la presidente di Legambiente – Certo, Milano è sicuramente tra le grandi città italiane quella più mitteleuropea, oltre ad essere uno snodo di passaggio fondamentale soprattutto per i siriani. Anche per questo, Milano è una città che ha subìto l’emergenza dell’accoglienza nella totale solitudine. Tanto che con questa marcia vogliamo sottolineare l’importanza di richiamare una solidarietà nazionale».
Il giorno scelto per la marcia non è casuale. Il 20 maggio è la data attorno alla quale ogni anno gli sbarchi di migranti raggiungono il culmine. Il modello della manifestazione milanese, dicevamo, è quello utilizzato da Barcellona lo scorso 19 febbraio, quando 160mila persone hanno dato vita al primo grande corteo europeo in favore dei rifugiati. «Milano ha saputo offrire un’accoglienza dignitosa e partecipata ai migranti, grazie alla sinergia tra le istituzioni locali, gli enti del terzo settore e la cittadinanza – racconta don Virginio Colmegna, presidente della Casa della carità, tra i firmatari dell’appello della manifestazione di maggio – e credo che possa diventare per l’Italia quello che Barcellona è stata per la Spagna, ovvero la città trampolino per lanciare la sfida dell’accoglienza e dell’inclusione». Oltre a don Virginio Colmegna, tante le firme – sia istituzionali che della società civile – ad avere scelto di sostenere la marcia dei migranti. Da Emma Bonino alla presidente di Legambiente Rossella Muroni, da Claudio Bisio a Cecilia Strada, ma anche il fondatore di Slow Food Carlo Petrini e la consigliera comunale Sumaya Abdel Qader, senza dimenticare i sindaci di Milano Beppe Sala, di Lampedusa Giusy Nicolini e di Bergamo Giorgio Gori.

“Sciucran” e sorrisi
«La risposta di Milano sarà importante», sostiene sicura Susy Iovieno, promotrice di Sos emergenza rifugiati Milano (in sigla Sos Erm), il gruppo di volontari che dall’inizio dell’emergenza degli arrivi si è dato liberamente appuntamento alla stazione centrale di Milano per fornire accoglienza ai rifugiati, prima che vengano registrati e accompagnati in uno dei centri lombardi oppure a prendere un nuovo treno diretto verso il nord. Sono oltre 70 i volontari di Sos Erm che offrono il loro aiuto per conto del Comune senza ricevere alcun tipo di compenso, se non uno sciucran (“grazie”, in arabo) e un sorriso. «Mi viene in mente quella che abbiamo chiamato la “Marcia dei piedi scalzi”, ovvero quando nel 2015 abbiamo camminato senza scarpe da Porta Genova in Darsena, a pochi passi dal Duomo. Oltre diecimila persone per un unico cartello: “Refugees welcome” – continua Susy Iovieno – Sono certa che anche a maggio Milano non sarà da meno. Per noi questa manifestazione è importante perché non si deve mai smettere di sensibilizzare sul tema della migrazione. Basta andare sui social network per leggere commenti razzisti contro i nuovi arrivi». Continui sbarchi, che per il capoluogo lombardo non significano solo migranti in transito ma una vera e propria rivoluzione cittadina. Sono i numeri a dirlo: «Due anni fa le richieste di asilo erano poche decine, ora sono oltre quattromila – sottolinea Iovieno – E anche se questa manifestazione può essere una goccia nel mare, abbiamo bisogno di questi segnali per spiegare all’Italia che non può essere una sola città a cercare di fare la differenza».

Fenomeno strutturale
Anche perché il fenomeno migratorio da tempo non può più essere catalogato sotto l’abusato appellativo di “emergenza”, dal momento che si tratta invece di un “fenomeno strutturale”, come lo definisce don Virginio Colmegna: «Per affrontare questa sfida, con tutte le criticità che possono emergere, servono scelte forti, con la revisione di politiche sbagliate e leggi superate e con un’assunzione di responsabilità degli enti locali per realizzare un’accoglienza diffusa e capillare e quindi più facilmente gestibile». Non a caso tra le richieste centrali dell’appello che ha lanciato la manifestazione milanese figurano l’effettivo superamento della legge Bossi Fini, l’approvazione della legge sulla cittadinanza e la necessità di rafforzare un sistema di accoglienza dei migranti fondato sul coinvolgimento di tutte le comunità e delle istituzioni. Hanno una speranza i promotori della “festosa e popolare mobilitazione” del 20 maggio, messa nero su bianco nel testo dell’appello, quella “di chi crede nel valore del rispetto delle differenze culturali ed etniche; la speranza di chi ritiene che la società plurale sia un’occasione di crescita per tutti e che la logica dei muri che fomentano la paura debba essere sconfitta da scelte che pongono al centro la forza dell’integrazione e della convivenza”.
L’obiettivo non è solo dare spazio all’Italia multietnica, ma sostenere anche il valore che i migranti rappresentano per il nostro Paese. Com’è successo per le strade meneghine, dove gruppetti di profughi e di milanesi disoccupati da mesi si occupano di ripulire la città da rifiuti e sporcizia. Sono le squadre antidegrado di “Milano fare bene”, un’iniziativa che più che un nuovo modello di welfare è un vero e proprio impegno concreto per costruire opportunità e nuovi impieghi. «L’idea di fare partecipare i migranti alla cura del territorio è fondamentale non perché loro ci debbano qualcosa ma perché è un modo per permettergli di prendersi cura di un territorio che è anche il loro», racconta Rossella Muroni ricordando la partecipazione dei migranti alle giornate di Puliamo il mondo, l’iniziativa di Legambiente che vede i cittadini darsi appuntamento nelle strade per ripulirle dai rifiuti abbandonati. «Il loro impegno è commuovente – continua la presidente dell’associazione – e queste iniziative gli permetto di fargli prendere la cittadinanza sul campo». Non si parla, infatti, «di pacchi da spostare da un luogo all’altro», come precisa l’assessore alle Politiche sociali del comune di Milano Pierfrancesco Majorino nell’intervista pubblicata in queste pagine, «ma di nuovi cittadini attivi di questo Paese». Una città che non vuole farsi incantare dalle sirene dell’odio. Perché Milano è nata dall’incontro tra storie e culture diverse. E il 20 maggio, vuole ricordare all’Italia tutte le ragioni per cui dobbiamo scommettere sull’accoglienza. n

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