Febbraio 2019

In Italia le automobili private sono 38 milioni e soddisfano ancora il 65,3% degli spostamenti quotidiani. Il risultato, che conosciamo bene “respirandolo” tutti i giorni, ha portato anche al deferimento del nostro Paese davanti alla Corte di giustizia europea per non aver fatto abbastanza per abbattere l’inquinamento atmosferico da pm10. Ma rovesciare la realtà e trasformare le aree urbane liberandole dallo smog si può, investendo in infrastrutture per biciclette e ciclologistica, in trasporto pubblico e aree pedonali. Cambiando la propria mobilità e, perché no, il proprio lavoro. Alle città senza smog è dedicata la storia di copertina di “Nuova Ecologia” di febbraio, con le storie di chi si reinventa una professione in sella alla bici – fattorini, librai, idraulici, ristoratori che hanno cambiato mezzo e dato qualità alle loro giornate – e dei cittadini che quotidianamente vanno al lavoro in bicicletta (897.000 nel 2017, erano 743.000 nel 2015). A loro andrebbero dedicate infrastrutture di qualità, come è stato fatto a Copenaghen e come si sta facendo Londra con il Cycling action plan del sindaco Sadiq Khan.

In questo numero del mensile di Legambiente troviamo anche un’inchiesta sulla “guerra di Jair Bolsonaro”, il nuovo presidente del Brasile, che dopo aver minacciato in campagna elettorale di “liberare il Paese dall’ambientalismo che lo soffoca” e di “aprire le riserve indigene allo sfruttamento commerciale” è passato ai fatti, esautorando appena entrato in carica la Fondazione nazionale dell’Indio. Con lui la lobby dell’agroindustria punta a sconfiggere il modello di estrazione sostenibile delle risorse dall’Amazzonia, spazzando via il sogno di Chico Mendes, assassinato poco più di trent’anni fa.

Con un’altra inchiesta, “Vite invisibili”, la rivista racconta le giornate e le condizioni di vita di uomini e donne migranti che lavorano nelle terre del caporalato a Castel Volturno, in provincia di Caserta, per poco più di 25 euro a giornata. Qui, tante realtà positive si battono quotidianamente per una città più inclusiva.

Nelle pagine della sezione dedicata alla divulgazione scientifica, “Gaia”, un servizio sul “rumore del mare”. Tra il 1950 e il 2000 l’inquinamento acustico al largo e sotto costa è cresciuto di circa 3 decibel ogni dieci anni. E nonostante l’Unione Europea lo abbia riconosciuto come fattore inquinante, molto resta ancora da fare sul piano normativo e della conoscenza del fenomeno.

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