Cotton fioc al terzo posto nella top ten dei rifiuti in spiaggia

L'immagine di cotton fioc e altri rifiuti su una spiaggia

I cotton fioc sono al terzo posto della top ten dei rifiuti spiaggiati stilata da Legambiente nell’indagine ‘Beach Litter 2018’. Secondo i monitoraggi effettuati dall’associazione ambientalista, questi prodotti registrano una percentuale del 7,8% su tutti i rifiuti trovati: in pratica, ogni 2 metri di sabbia i volontari di Legambiente hanno trovato un bastoncino per la pulizia delle orecchie. Più numerosi sono solo i pezzi di plastica tra i 2,5 e i 50 cm e tappi e anelli, sempre di plastica.

In generale la situazione descritta dall’associazione – che ha monitorato 78 spiagge, per un totale di oltre 400mila metri quadri – è critica, con una media di 620 rifiuti ogni 100 metri di spiaggia. E di questi l’80% è rappresentato da rifiuti in plastica, seguita da vetro/ceramica (7,4%), metallo (3,7%) e carta/cartone (3,4%). I rifiuti usa e getta in plastica (o con vita breve) sono il 42% del totale.

Anche Enea ha condotto indagini sugli arenili per studiare l’inquinamento da plastiche e microplastiche. ”Facendo la media del numero di cotton fioc rinvenuti lungo le spiagge italiane e rapportandolo all’estensione dei litorali italiani abbiamo stimato in circa 100 milioni il numero di cotton fioc presenti lungo le coste italiane. È necessario aggiungere che i cotton fioc (fatti di polipropilene) si degradano formando numerose microplastiche”, spiega il ricercatore di Enea Loris Pietrelli del Dipartimento Sostenibilità dei Sistemi Produttivi e Territoriali.

Sempre secondo Pietrelli, “la causa principale della diffusione dei rifiuti in plastica nelle nostre spiagge è da attribuire alla cattiva gestione dei rifiuti solidi urbani e alla diseducazione delle persone. Sarebbe necessario dare una maggiore informazione per aumentare la sensibilità delle persone verso i temi ambientali. Una corretta informazione sul valore della plastica e sulla possibilità di riciclo, è necessario spezzare questo legame: plastica=inquinamento”.

A pesare sono poi i tempi di degradazione di molti materiali dispersi nell’ambiente sono poi incredibilmente lunghi. Le stime che circolano sono ”10-30 anni per i cotton fioc, 4-500 anni per le bottiglie di pet, 60-150 anni per gli shopper, più di 500 per polistirolo e tessuti sintetici”, spiega Pietrelli. ”I polimeri anche se con tempi lunghi si degradano, soprattutto se esposti continuamente al sole (raggi UV), all’aria (ossigeno), al calore e alle sollecitazioni meccaniche (abrasioni sulla sabbia che facilita il distacco di microplastiche)”,

Infine, c’è da considerare il problema delle microplastiche, presenti in alcuni prodotti o formatesi dalla frammentazione di plastiche di grandi dimensioni, e della loro dispersione nell’ambiente. ”Date le ridotte dimensioni, i problemi associati alla diffusione delle microplastiche sono irrisolvibili – avverte il ricercatore – Stiamo analizzando i campioni presi nel Mediterraneo durante lo svolgimento di un programma internazionale ed in alcuni casi abbiamo la presenza di oltre un milione di microplastiche (<5mm) per kmq soprattutto nelle aree dove si ha la convergenza di più correnti marine. Anche nei laghi italiani purtroppo abbiamo rilevato grosse quantità di microplastiche, nell’ambito del programma svolto con Goletta dei laghi di Legambiente abbiamo individuato aree con oltre 500mila microplastiche per kmq”.

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